Il gruppo Gavio si sta rafforzando in Italia e nel mondo come il secondo operatore globale. E ora attende l’esito della cessione di Atlantia a Cdp per raccogliere qualche buon boccone e diventare il nuovo re delle grandi arterie d’asfalto al posto dei Benetton. Tutto bene? Qualche spina punge, a partire dall’«infinita» Asti-Cuneo.
Tra i due litiganti il terzo gode. Mentre governo e gruppo Benetton se ne sono date di santa ragione dopo il crollo del ponte Morandi di Genova, c’è un signore delle autostrade che emerge come il vero, silente vincitore dello scontro. È Beniamino Gavio, principale azionista di Astm, secondo operatore italiano del settore nonché numero due al mondo dopo Atlantia Abertis (vedete quanto lontano portano i pingui profitti ottenuti dai pedaggi italiani). Zitto zitto, Gavio ha costruito un colosso, ha conquistato nuove concessioni ed è riuscito a schivare gli attacchi dei ministri dei Trasporti Danilo Toninelli prima e Paola De Micheli dopo, imbufaliti contro i gestori delle autostrade per gli scarsi investimenti in manutenzione.
Non solo. Se Autostrade per l’Italia finirà alla Cdp, affiancata dai due fondi stranieri Blackstone e Macquarie, la sua rete potrebbe essere spezzettata e venduta con una serie di gare: in quel caso il gruppo Gavio potrebbe raccogliere la corona che fu dei Benetton e diventare il nuovo re delle grandi arterie d’asfalto.
Fantascienza? Può darsi. Ma esattamente un anno fa, il 23 ottobre 2019, Gavio aveva dichiarato: «Noi in Autostrade? Se il governo ce lo chiede siamo a disposizione». E nelle scorse settimane il suo gruppo ha presentato una manifestazione d’interesse per la società dei Benetton. Del resto oggi Astm è una potenza. Fino a poco tempo fa sarebbe sembrato impossibile immaginare come l’azienda padronale capitanata da Marcellino Gavio, scomparso nel 2009, si potesse trasformare in una grande multinazionale.
Adesso il gruppo è controllato da una finanziaria, la Nuova Argo, in cui la famiglia Gavio ha il 60 per cento, mentre il restante 40 appartiene al fondo internazionale Ardian. Già questa alleanza, stretta nel 2018, ha segnato una tappa storica nella trasformazione dell’azienda familiare in un gruppo internazionale gestito da manager. Nel 2015 Astm è sbarcata in Brasile acquisendo controllo congiunto di Ecorodovias che gestisce 3.087 chilometri di rete autostradale. Aggiunti ai 1.423 in Italia (e a una piccola tratta nel Regno Unito), gli oltre 4.600 chilometri della sua rete fanno di Astm il secondo operatore al mondo nelle autostrade a pedaggio. Nel 2019 il gruppo ha fatturato oltre 2 miliardi di euro con un margine lordo di ben 792 milioni e un utile netto di 170 milioni. Neppure la crisi economica provocata dalla pandemia ha intaccato i profitti della società: nel primo semestre del 2020 l’utile netto è sceso a 33,7 milioni ma le previsioni per fine anno indicano un risultato netto addirittura superiore a quello messo a segno nel 2019.
All’estero Astm si è prequalificata in due gare negli Stati Uniti e una in Norvegia per la costruzione e la gestione di altrettante autostrade. Sta valutando la realizzazione e gestione di un collegamento ferroviario cittadino a Miami. E in Brasile punta sulla ricca autostrada Rio-San Paolo. Nel frattempo cresce in Italia diventando quasi monopolista nell’area nord-occidentale: in luglio ha ottenuto la maggioranza della Sitaf, titolare della concessione, con scadenza nel 2050, per la gestione del traforo del Frejus, lungo circa 13 chilometri, e dell’autostrada Torino-Bardonecchia. Il traforo del Frejus sarà il primo valico alpino costituito da due gallerie separate (quindi più sicuro) e potrà beneficiare il prossimo anno dei rallentamenti nell’altro collegamento con la Francia, il Monte Bianco, dove la galleria sarà oggetto di lavori di manutenzione. Il 16 ottobre Astm è risultata prima classificata nelle gare per l’affidamento in concessione delle tratte autostradali Torino-Piacenza, Torino-Quincinetto, Ivrea-Santhià, il sistema delle tangenziali torinesi, Sestri Levante-Livorno e Viareggio-Lucca. Tutte tratte già gestite dal gruppo e quasi riconquistate nelle gare indette dal ministero dei Trasporti.
Sempre quest’anno il gruppo Gavio ha ottenuto dal governo il via libera per utilizzare i proventi della Milano-Torino per terminare i lavoro sulla Asti-Cuneo. Quest’ultima è una spina nel fianco per l’Astm, utilizzata dai tanti critici dei Gavio per dimostrare la loro scarsa propensione a investire: secondo Lucio Malan, senatore di Forza Italia e autore di numerose interrogazioni parlamentari sull’Asti-Cuneo. «I costi della costruzione dell’opera sono raddoppiati» dice Malan «e dal 2011 i lavori si sono bloccati: mancano 10 chilometri per arrivare ad Asti e a Cuneo. Nel frattempo il gestore incassa i soldi dei pedaggi del tratto già in esercizio. Si tratta di una vicenda scandalosa costellata di favori ai Gavio». Sempre Malan sostiene che il gruppo Gavio è riuscito far pagare parte dei lavori dell’allargamento della Torino-Milano alle ferrovie, che hanno l’alta velocità adiacente all’autostrada. Sarà. Una cosa è certa: la complessità del sistema delle concessioni autostradali, unita a un depauperamento delle competenze al ministero dei Trasporti, hanno permesso ai padroni delle autostrade di ottenere molto spendendo poco. Uno studio della Banca d’Italia reso pubblico in luglio sottolinea che «tra il 2009 e il 2018 i ricavi annui da pedaggi sulla rete autostradale italiana sono aumentati da 4,8 a 6,1 miliardi di euro, con una crescita del 28 per cento in termini nominali e del 13 per cento in termini reali. Nello stesso periodo» prosegue l’indagine «la spesa annua per investimenti si è quasi dimezzata, raggiungendo il minimo nel 2017. La spesa è stata destinata per la maggior parte al potenziamento della rete esistente. Nel periodo si sono registrati rilevanti scostamenti tra gli investimenti programmati nei piani economico-finanziari dei concessionari e quelli realizzati (in media pari a un terzo)». Una situazione dovuta a «una limitata applicazione dei principi concorrenziali. Ciò si è riflesso nel ridotto ricorso a procedure a evidenza pubblica e in durate elevate degli affidamenti, anche per effetto di diffuse proroghe».
Con l’istituzione dell’Autorità di regolazione dei trasporti e del nuovo sistema di calcolo delle tariffe la situazione è un po’ migliorata. Ma resta un problema: «Il nuovo modello introdotto dall’Autorità» sottolinea Bankitalia «prevede un meccanismo di adeguamento automatico della tariffa in risposta a scostamenti tra investimenti programmati e realizzati, al fine di assicurare che gli investimenti programmati ma non eseguiti non si riflettano in aumenti tariffari permanenti. Affinché ciò non accada, tuttavia, sarà determinante la capacità dell’Autorità di monitorare efficacemente l’aderenza degli investimenti effettivi a quelli previsti nei piani economico-finanziari delle concessionarie». E l’Autorità avrà questa capacità?