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Ascesa, peccati e caduta di un predicatore islamico

Adnan Oktar è stato appena condannato a oltre mille anni di carcere. La sua setta religiosa, in realtà, era una copertura per commettere reati di spionaggio, frodi e crimini sessuali. Eppure è diventata un fenomeno sociale nella Turchia dov’è cresciuto il potere di Erdogan.


Ha predicato l’islam e la purezza del creato. Poi però si è dedicato a spionaggio, estorsione, frode, crimini sessuali contro minori, sequestro di persona, minacce e costituzione di patrimonio immobilare all’estero. Non si è fatto mancare nulla il predicatore Adnan Oktar, conosciuto anche con lo pseudonimo di Harun Yahya e condannato dall’Alta Corte penale di Istanbul a 1.075 anni e tre mesi di carcere, dopo un processo-show iniziato nel settembre 2019 e conclusosi lo scorso 11 gennaio.

Pene esemplari anche al fedelissimo Tarkan Yavas e al neurochirurgo Oktar Babuna, i quali dovranno scontare rispettivamente una pena di 211 e 186 anni, e condanne per altri 236 imputati (78 dei quali già in carcere). Ovvero quasi tutte le 300 persone che erano parte attiva del suo entourage. Colpevoli come parte di un’associazione criminale, con sede a Istanbul, che ha perpetrato frodi e reati sessuali. Le operazioni di polizia hanno riguardato cinque province turche, con perquisizioni e sequestri ancora in corso.

Oktar-Yahya era noto alle cronache per la sua fama controversa: si è descritto come «predicatore islamico creazionista» e dal 2011 il suo canale televisivo ha visto crescere pubblico e seguaci. Scrittore fin troppo prolifico, a lui sarebbero riconducibili oltre 300 libri stampati, dei quali almeno 200 tradotti in più lingue.

Nel 2016, in piena isteria da terrorismo, ha pubblicato anche in Italia un libro dal titolo L’Islam condanna il terrorismo, che ha voluto tradurre e distribuire gratuitamente nel corso della sua ultima visita in Europa: spendendo cifre da capogiro, ha inondato prima le redazioni dei media italiani, svizzeri e tedeschi chiedendo con insistenza di essere intervistato. Poi è passato ai singoli giornalisti, lobbisti e personaggi influenti; infine ai cittadini comuni, a dimostrazione tanto della megalomania quanto della disponibilità di denaro.

La fatica letteraria del «santone» nell’agosto 2016 ha trovato spazio pure in una trasmissione su La7 condotta da David Parenzo. Stessa operazione ripetuta nel 2017 in Canton Ticino (Svizzera), dove il libro è finito nella buca delle lettere di migliaia di ticinesi poco prima della visita del braccio destro Oktar Babuna, quando questi rilasciava una serie di interviste per perorare le teorie anti-darwiniste e proporre Adnan Oktar quale uomo della provvidenza, «ponte tra Oriente e Occidente» in chiave geopolitica. E, in definitiva, la geopolitica qualcosa deve pur entrarci se è vero che il Tribunale di Istanbul lo ha ritenuto colpevole anche di aver aiutato nel 2016 il gruppo guidato dal predicatore Fethullah Gülen nel tentato colpo di Stato ai danni del presidente Erdogan.

In ogni caso, ad aprirgli le porte del carcere è stato il suo appetito sessuale e quello dei suoi accoliti: durante il processo, infatti, almeno 70 donne di età compresa tra gli 11 e i 40 anni (che il predicatore chiamava abitualmente «le mie gattine») hanno testimoniato contro di lui, raccontando dettagli scabrosi e denunciando violenze alle quali erano state sottoposte negli anni, con tanto di obbligo a ingerire pillole abortive (il giorno del suo arresto, nella sua villa ne sono state rinvenute 69 mila).

Una testimonianza, in particolare, ha scosso l’opinione pubblica: quella di S.M., che ha dichiarato di essere stata abusata sessualmente da Adnan Oktar quando aveva solo nove anni con la complicità della madre, che le aveva persino creato un profilo Facebook dove pubblicava foto della piccola con abiti sexy o in bikini: «Ho vissuto in una casa a Cengelköy (Istanbul) insieme con numerosi seguaci di Oktar. Ero la più giovane. Gli altri uomini non avevano il permesso di toccarmi».

Ma chi è davvero quest’uomo? Si sa che amava presentarsi spesso in pubblico attorniato da ragazze truccatissime e spesso in costume, in un ruolo a metà tra un pittoresco imbonitore televisivo e un gestore di night club. Tutto fuorché un predicatore, insomma. Ma in realtà è molto di più, e molto peggio.

Nato ad Ankara nel 1956, è sempre stato un sostenitore del creazionismo, in particolare della posizione più radicale denominata «creazionismo della Terra giovane». E grazie a questa intuizione ha potuto farsi un nome e ricevere finanziamenti governativi fino a diventare una star televisiva e un culto per migliaia di seguaci. Che hanno elargito somme da capogiro pur di abbeverarsi alla sua fonte.

Studente di filosofia e di interior design, Oktar ha scoperto l’idea dell’evoluzione biologica come radice del materialismo antireligioso contemporaneo ai tempi dell’università. Ma ha abbandonato presto gli studi, e nel 1986 è stato anche accusato di aver istigato una «rivoluzione teocratica», cosa che gli è costata quasi due anni di carcere. Il primo di una lunga serie di soggiorni in prigione, anche perché faceva largo uso di cocaina. Ciò nonostante, la sua fama è cresciuta anche in ragione dei (molteplici) guai con la giustizia: prima di aver compiuto 40 anni, infatti, la sua setta era diventata realtà. Questo gli ha attirato molte attenzioni da parte delle sempre sospettose autorità turche, che hanno iniziato a monitorane le attività e in un primo tempo lo hanno sostenuto anche economicamente, nonostante nel suo curriculum ci fossero ricoveri coatti in istituti psichiatrici (lo stesso Oktar non ne ha mai fatto mistero, a suo dire tutto era dovuto a «ragioni politiche»).

Ma questo non è bastato a fermarlo. Per promuovere le sue idee, il predicatore ha messo in piedi due fondazioni, la Bilim Arastırma Vakfı («Fondazione della ricerca scientifica») e la Milli Degerleri Koruma Vakfı («Fondazione nazionale per la protezione dei valori nazionali»): con la complicità del regime di Ankara, Oktar ha usato questi istituti come una clava per far chiudere giornali e siti internet invisi al governo, che ne avevano criticato le teorie e lo stile di vita sfarzoso.

Presto, però, tutto questo potere si è trasformato in delirio di onnipotenza. Come ha scritto il sito israeliano Haaretz, Oktar aveva messo in piedi «una setta con ragazze trasformate in schiave sessuali e orge organizzate con l’unico fine – anzi, con il secondo fine – di riprendere e poi ricattare i partecipanti». Dalla carte del processo, infatti, è emersa l’ossessione del gruppo dirigente per la videosorveglianza, le molestie sessuali e il ricatto seriale dei collaboratori.

Oktar ha sempre affermato di rappresentare l’islam sunnita tradizionale: la sua cerchia di devoti è nota come la setta degli Adnanisti, ossia i seguaci dello studioso curdo Said Nursi, figura di riferimento del movimento di rinascita islamica in Turchia e sostenitore dell’unione delle credenze islamiche tradizionali legate a idee scientifiche.

Tra i seguaci di Nursi spicca Fethullah Gülen, fino al 2013 il grande sponsor di Recep Tayyip Erdogan e artefice del suo successo politico: dopo che il suo movimento islamico è diventato uno dei più grandi al mondo, è entrato in rotta di collisione con il futuro presidente, e per Gülen come per Oktar sono cominciati i guai.

Nel frattempo, nel 2011 Oktar era ormai una star televisiva con il suo canale A9 TV. Ma non aver rinnegato l’amicizia con Gülen così come il suo programma – dove abbondavano ragazze en déshabillé – ha fatto storcere il naso al clero e al religiosissimo Erdogan, e il suo stile di vita è stato il pretesto per determinarne la fine.

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