L’antisemitismo in Italia non è più un fenomeno marginale né episodico. Nei primi nove mesi del 2025 l’Osservatorio antisemitismo della Fondazione CDEC ha registrato 766 episodi, 82 in più rispetto allo stesso periodo del 2024, con un incremento che riguarda non solo il numero dei casi ma anche la loro gravità. È quanto emerge dalla Relazione su atti e discorsi antisemiti in Italia (gennaio-settembre 2025), che restituisce l’immagine di un clima sempre più deteriorato e di una crescente assuefazione sociale all’odio antiebraico. Le diffamazioni e gli insulti restano la forma più diffusa, soprattutto sul web, ma il dato che più preoccupa è la progressione delle aggressioni fisiche, salite a 11 casi in soli nove mesi: il numero più alto mai registrato in un periodo analogo. Nel 2024 erano state 8, mentre tra il 2018 e il 2022 se ne contavano complessivamente 11. Un salto che segnala il passaggio sempre più frequente dalla violenza verbale a quella concreta.
Il report evidenzia come oltre due terzi degli episodi (510) riguardino l’antisemitismo online, con Facebook in testa per numero di segnalazioni, seguita da X/Twitter, Instagram e TikTok. Ma l’odio non resta confinato ai social: 238 episodi si sono verificati nel mondo reale, tra minacce dirette, discriminazioni, graffiti e atti di vandalismo. I casi sono distribuiti sull’intero territorio nazionale, a conferma di un fenomeno diffuso e trasversale. Sul piano ideologico, la relazione conferma una tendenza ormai consolidata dopo il 7 ottobre 2023: la matrice predominante è l’antisemitismo legato a Israele, che rappresenta la quota più ampia degli episodi analizzati. In questo contesto, il termine “sionista” viene sistematicamente svuotato del suo significato storico e politico e trasformato in una categoria demonizzante, nella quale confluiscono i classici stereotipi dell’immaginario antiebraico: complotto, dominio, crudeltà, disumanizzazione. Un meccanismo che colpisce indistintamente ebrei reali o presunti, percepiti come responsabili collettivi delle azioni dello Stato di Israele. È proprio su questo terreno che il report CDEC richiama con forza la responsabilità delle figure pubbliche ad alta esposizione mediatica, il cui linguaggio contribuisce a legittimare e amplificare l’odio antiebraico nel dibattito pubblico. Tra i casi citati in modo esplicito compare Alessandro Di Battista, ex deputato del Movimento 5 Stelle, oggi attivo come influencer, commentatore politico e polemista “antisionista” a gettone. Secondo l’Osservatorio, i suoi interventi – diffusi attraverso social network, conferenze e incontri pubblici – non si limitano a una critica politica allo Stato di Israele, ma ricorrono sistematicamente a categorie demonizzanti e paragoni estremi, tipici dell’antisemitismo contemporaneo.
La relazione richiama in particolare un post pubblicato il 22 agosto 2025, nel quale Di Battista afferma che «i sionisti sono peggio dei nazisti». Un’espressione che, sottolinea il CDEC, rientra pienamente nei criteri della definizione operativa IHRA, in quanto equipara Israele e il sionismo al nazismo, attribuendo agli ebrei – identificati collettivamente come “sionisti” – una colpa storica assoluta. Non si tratta, precisa il report, di un episodio isolato, ma di una narrazione reiterata, capace di ottenere centinaia di migliaia di interazioni online e di trovare accoglienza in contesti pubblici sempre più ampi. Il rischio, avverte il CDEC, è duplice: da un lato questo tipo di messaggi normalizza l’uso di un linguaggio violento e disumanizzante, rendendo socialmente accettabili stereotipi storici e metafore tratte dalla Shoah; dall’altro contribuisce a spostare il confine del discorso pubblico, trasformando l’antisemitismo legato a Israele in una forma di militanza politica presentata come legittima. Un processo che finisce per legittimare la violenza verbale e simbolica contro gli ebrei in quanto tali, percepiti non come individui ma come rappresentanti collettivi di un nemico assoluto. Il fenomeno non colpisce più soltanto figure pubbliche o istituzioni ebraiche. Il report parla apertamente di “antisemitismo popolare”: famiglie, studenti, insegnanti, medici, pensionati e turisti diventano bersaglio di insulti, minacce e discriminazioni nei luoghi di lavoro, di studio e negli spazi pubblici. Particolarmente gravi i casi che coinvolgono docenti e membri delle comunità ebraiche, inclusi rabbini, destinatari di minacce di morte. Secondo il CDEC, a rendere il quadro ancora più critico è l’azione coordinata di gruppi che operano in modo sistematico sul web, sfruttando le dinamiche virali delle piattaforme digitali per diffondere paragoni con il nazismo, accuse di genocidio e distorsioni della Shoah. Strategie comunicative mirate che contribuiscono alla radicalizzazione del discorso pubblico e alla normalizzazione dell’odio. Il messaggio finale del report è netto: l’antisemitismo in Italia cresce, si trasforma e si radicalizza, trovando nuovi canali di diffusione e una tolleranza sociale sempre più ampia. Un fenomeno che non può più essere derubricato a deriva marginale, ma che rappresenta una questione strutturale per la sicurezza democratica e la tenuta civile del Paese
