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2022, odissea Covid nelle carceri

2022, odissea Covid nelle carceri

Migliaia di contagi tra detenuti e agenti di custodia, dispositivi di protezione solo per pochi, tensioni che si avvicinano pericolosamente a quelle d’inizio pandemia. Negli istituti di pena la situazione è tornata esplosiva. E le misure previste dal ministro Marta Cartabia non sembrano poter davvero incidere.


Il 6 dicembre i detenuti positivi in tutta Italia erano appena 196. Un mese e mezzo dopo sono 2.625 nonostante 100.000 vaccini somministrati. La variante Omicron sta «decimando» anche gli agenti della polizia penitenziaria e gli amministrativi, che lavorano negli istituti di pena, con 5.593 casi. «I contagi Covid in carcere in questo momento sono tantissimi» ammette in Senato il 19 gennaio il ministro della Giustizia, Marta Cartabia. Un direttore di penitenziari di lunga esperienza riflette con Panorama: «Un istituto di pena è un po’ come una casa di riposo. Parti da una situazione di vantaggio perché sei chiuso alle relazioni normali del mondo esterno, ma se entra il virus sei fregato. Come fai a isolare i positivi?».

Gli spazi sono già insufficienti per 53.669 detenuti, molte strutture cadono a pezzi e certo non sono state costruite pensando a una pandemia. All’emergenza Covid si aggiungono mascherine Ffp2 insufficienti, green pass obbligatorio anche per familiari e avvocati solo dal 20 gennaio e violenze scatenate dal virus.

Il 20 dicembre a Orvieto un cittadino marocchino, condannato per rapina aggravata, «pretendeva dal medico del carcere di ottenere il green pass rafforzato nonostante avesse ricevuto una sola dose di vaccino anti Covid-19» denuncia Fabrizio Bonino del Sindacato autonomo di polizia penitenziaria (Sappe). Il detenuto, che ha dato in escandescenze, all’arrivo delle guardie ha tirato fuori una lametta e si è scagliato contro gli agenti. «Disarmato, è riuscito a tirare una testata a un sovrintendente. E alla fine ha incendiato il materasso della cella» denuncia il sindacalista.

Le violenze in carcere sono all’ordine del giorno, ma la novità è che scaturiscono dal Covid. Nella casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere «il tampone positivo a un detenuto in partenza è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso» rivela il Sappe. «Gli stranieri del terzo piano hanno inscenato una sommossa devastando la corsia della sezione detentiva e aggredendo due agenti».

Alla pandemia si aggiungono i cinque suicidi da inizio anno e le violenze che nel carcere di San Vittore a Milano si susseguono con episodi ripetuti. «Fare il poliziotto penitenziario è sempre più pericoloso e noi ci sentiamo abbandonati da tutti» denuncia Donato Capece, segretario generale del Sappe, a Panorama. «Se gli attuali vertici ministeriali, dipartimentali e regionali non sono in grado di garantire la nostra incolumità fisica devono dimettersi tutti».

E sul Covid snocciola le cifre dei focolai del 19 gennaio: «Oggi 150 contagiati a Poggioreale, 140 a Secondigliano, 100 a Santa Maria Capua Vetere. Dicono che sono in gran parte asintomatici, ma se andiamo avanti così tutte le carceri si contageranno e pure il personale. La situazione è pericolosa».

Il 16 gennaio è scoppiato un focolaio ad Augusta. Due giorni prima Michele Cireddu della Uilpa Polizia penitenziaria denunciava dalla Sardegna che «i casi di contagi stanno aumentando in maniera vertiginosa nelle carceri dell’isola». Il 7 gennaio record a Verona che, con 95 positivi in cella, ha superato Asti con 84 casi.

La prima fornitura d’emergenza di mascherine Ffp2 della struttura commissariale del generale Francesco Paolo Figliuolo, 6.000 pezzi, è insufficiente. «Se si considera che in carcere sono presenti oltre 54.000 detenuti e più di 41.000 operatori fra appartenenti alla polizia penitenziaria (36.000) e altre figure professionali, significa una mascherina ogni 16 persone e 30 per ogni carcere» fa di conto Gennarino De Fazio, segretario generale del sindacato Uilpa. Gli agenti le acquistano da soli ogni giorno.

Il green pass rafforzato era obbligatorio per le guardie dal 15 dicembre, ma familiari dei detenuti, avvocati, periti e magistrati potevano accedere al carcere senza lasciapassare verde. Solo dal 20 gennaio il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ha stabilito che tutti dovranno esibire il pass all’ingresso, ma basterà quello base.

Il ministro Cartabia in Senato ha ammesso che alcuni penitenziari «non sono degni del nostro Paese e della nostra storia. Sono stata al carcere di Sollicciano, a Firenze, e ho potuto vedere di persona le condizioni indecorose di questo come di altri istituti, nonostante la manutenzione straordinaria in atto. Indecoroso e avvilente per tutti». In aula il senatore di Fratelli d’Italia, Franco Zaffini, ha evidenziato il mai risolto problema dell’organico: «Quello che in passato veniva svolto da quattro/cinque agenti oggi è svolto da un solo agente e tutto questo per stipendi che a volte non raggiungono i 1.500 euro al mese».

Cartabia ha replicato che a breve prenderanno servizio 1.650 allievi agenti, altri 1.479 arriveranno dal concorso bandito lo scorso ottobre e si prevede di bandirne un altro per circa 2.000 posti quest’anno». Il Sappe ha però il dente avvelenato con il ministro e assieme ad altre sigle sindacali vuole indire per metà febbraio una manifestazione di protesta a Roma. «Abbiamo adottato uno slogan: Res non verba» annuncia Capece. «Dal ministro continuiamo a sentire molte parole e pochi fatti. Siamo una polizia di questo Paese e vogliamo essere parificati alle altre forze dell’ordine».

Il rappresentante degli agenti non può credere che «siano emerse idee per formare sindacati dei detenuti. Purtroppo dopo i fatti di Santa Maria Capua Vetere (i pestaggi in carcere dello scorso anno, ndr) nessuno ci vuole tutelare. Siamo l’anello debole della catena». Obiettivo del sindacato il lavoro della «commissione Ruotolo» sull’innovazione del sistema penitenziario istituita dal ministero della Giustizia. Cartabia ha indirizzato la formale lettera di auguri natalizi a magistrati, direttori delle carceri e personale giudiziario omettendo gli agenti. In Parlamento il ministro ha puntato il dito contro la «logica di contrapposizione tra le esigenze di detenuti e personale penitenziario».

Sul campo, intanto, è un bollettino di guerra: nel primo semestre del 2021 sono stati registrati 5.290 atti di autolesionismo, 6 suicidi e 738 sventati dalla polizia penitenziaria, 3.823 colluttazioni e 503 ferimenti. Un agente pestato a sangue a Nuoro, un coltello puntato alla gola a Cremona, sequestrati a Benevento un ordigno esplosivo finto e alcuni telefoni cellulari, scoperta una distilleria di grappa a Solliciano, scoppiata una rissa nella sala colloqui ad Avellino, un incendio appiccato a Frosinone. La lista di violenze e illegalità dentro gli istituti è ancora lunga. Per questo Franco d’Ascenzi e Piero Pennacchia, rappresentanti degli agenti penitenziari, hanno lanciato un grido d’allarme: «Basta, non siamo carne da macello». Bisogna capire chi lo vorrà ascoltare davvero.

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