L’80,72 per cento degli oltre due milioni di catalani che hanno partecipato al referendum simbolico sull’indipendenza della Catalogna ha votato sì.
Le domande poste erano due: la prima riguardava l’ipotesi di dare alla Catalogna lo statuto di nazione, la seconda se concederle l’indipendenza. In una conferenza stampa a Barcellona Ortega ha detto che il sì alla prima seguito dal no alla seconda domanda ha ottenuto il 10,11% dei voti, il doppio no il 4,55% e le schede bianche sono state il 9,56%.
La consultazione, organizzata dai militanti indipendentisti senza monitoraggi indipendenti né liste ufficiali di elettori, ha soltanto un valore simbolico e Madrid lo considera un esercizio inutile. L’alta percentuale di sì si spiega con il fatto che a mobilitarsi sono stati quasi esclusivamente gli indipendentisti. I votanti sono stati circa un terzo degli aventi diritto. I recenti sondaggi danno indipendentisti e lealisti sul filo del rasoio, intorno al 50% ciascuno.
Lo strappo con Madrid si è consumato più recentemente a partire dalla crisi economica del 2008, che ha messo a dura prova le finanze spagnole e catalane. E si è aggravato dal 2010, quando la corte costituzionale ha bocciato il nuovo statuto che attribuiva maggiore autonomia a Barcellona, spingendo milioni di catalani nelle piazze.
L’economia catalana vale circa 193 miliardi di euro (cifra simile a quella della Scozia, dove di recente si è svolto un referendum sull’indipendenza molto discusso, che ha visto prevalere i no). Ma il suo contributo al prodotto interno lordo spagnolo è di circa il 20 per cento, il doppio di quanto pesa la Scozia sul pil britannico.