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Studenti italiani a scuola “di scuola” in Israele

Studenti italiani a scuola “di scuola” in Israele

Mentre il movimento di protesta popolare “Forza Kaplan”, con la partecipazione dell’organizzazione studentesca Young Generation, continua a opporsi al governo Netanyahu ed è determinato a portare avanti la lotta contro le ultime decisioni della Knesset, in cui è stata approvata la prima fase della riforma giudiziaria, le 35 scuole democratiche israeliane sono portano avanti un modello scolastico democratico e all’avanguardia. Scoprire Arad, magnifica cittadina sui bordi del deserto del Negev, dove per più di 20 anni ha vissuto lo scrittore Amos Oz, significa immergersi in una delle scuole democratiche di Israele più importanti. La preside dell’istituto “Kedem” si chiama Ayelet Kalechman e ci racconta come funziona la sua scuola, che oggi ospita 165 alunni ed è collegata a quella italiana di Avio, in provincia di Trento.

La scuola di Kedem adotta un sistema di gestione all’avanguardia basato sul senso di responsabilità degli alunni. Ci spiega come funziona il modello che adottate?

La scuola è gestita da chi la frequenta. Tutti gli alunni partecipano al tribunale scolastico interno alla scuola. Questa piccola istituzione è organizzata secondo il principio di separazione dei poteri suddiviso tra i vari organi. C’è un giudice, un’autorità esecutiva e un’autorità di controllo. Sono gli alunni che prendono le decisioni su ogni problematica, assecondando in ogni momento il principio del rispetto dei diritti umani. In questo modo gli alunni sono membri delle commissioni disciplinari e, poi, svolgono anche il ruolo di giudice. I dibattiti si basano su strumenti di mediazione e di comunicazione, in prima battuta per riconoscere la natura dei propri sentimenti poi per essere in grado di capire se stessi e gli altri. Ecco non sempre è semplice sviluppare un carattere empatico con i propri amici. Si parte da se stessi e dalle proprie responsabilità per arrivare agli altri con equilibrio e armonia. Certo si tratta sempre di ragazzi, a volte dicono parolacce e compiono atti di vandalismo sulle cose. Ma nella vita s’impara a migliorarsi e l’empatia è un concetto fondamentale per riuscirci.

Studenti italiani a scuola “di scuola” in Israele

Com’è il rapporto che si crea tra genitori e insegnati?

Spesso i genitori, ma anche i nonni, sono invitati a insegnare nella nostra scuola perché per noi è molto “potente” imparare da chi ama quello che fa. Durante l’anno scolastico organizziamo parecchi incontri tra genitori e insegnanti perché ci teniamo che il rapporto sia di profonda collaborazione. Per questo, gli insegnanti raccontano ai genitori il più possibile sulla vita del proprio figlio. E dunque, c’è un dialogo proficuo e attivo e sorge un problema con un bambino o con un adolescente si fa di tutto per trovare la migliore soluzione.

Come gestite problemi di tipo psicologico all’interno della scuola?

In generale, anticipo che le problematiche psicologiche sono risolte grazie all’aiuto di un consulente scolastico esterno, che è un medico. Per esempio, trattiamo l’ansia dei genitori e degli alunni e cerchiamo una soluzione che favorisca il sistema in generale. Ma per farlo occorre lavorare sulle singole problematiche. Negli anni ‘30 e ‘40, c’era una scuola fondata da un pedagogista, scrittore e medico polacco di origine ebraica, vittima della Shoah. Si chiamava Janusz Korczak. Lui ha lavorato molto sui diritti dei bambini, sul rispetto e su come amare un bambino. In particolare, ha scritto un libro che si chiama Re Mattia in cui racconta di un “metodo del rispetto” dei bambini e degli adolescenti. Vorrei tanto che questo libro fosse letto da tutti.

Avete mai realizzato progetti internazionali con le scuole italiane?

Certo! E’ importante raccontare di un progetto realizzato con l’Italia in cui i ragazzi hanno imparato a stare insieme nei momenti difficili, come quelli vissuti durante la pandemia. Nell’anno accademico 2020/2021, con la Scuola Media Statale di Avio, in provincia di Trento grazie ai docenti italiani Lorena Cristini ed Enrico Dal Monte, i ragazzi sono stati impegnati a scambiarsi idee e notizie sulla loro vita, sulle loro condizioni, tradizioni e interessi. Non è stato facile per nessuno inquadrare la condizione vissuta durante il Covid, ma ce l’hanno messa tutta. I partecipanti al progetto si sono voluti bene e lo hanno dimostrato anche attraverso lo scambio reciproco di dono. Quindi, per esempio i nostri ragazzi hanno spedito la bandiera dello Stato di Israele agli italiani e i ragazzi italiani hanno spedito quella dell’Italia e dell’Europea agli israeliani. Oggi gli studenti si sentono ancora attraverso Instagram. Tra loro ci sono buone relazioni e aiuti reciproci. Tutto questo avviene mentre il mondo va avanti.

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