Zambrotta: l’India, lo snow volley e la tattica per Juventus-Barcellona

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Zambrotta impegnato contro Paola Egonu (a destra) e Alessia Orro nel "charity match" di snow volley a Plan de Corones.
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La consegna dell'assegno da 15 mila euro a favore delle popolazioni terremotate da parte di Zambrotta e degli altri protagonisti del "charity match" di snow volley
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2003: Zambrotta, in maglia Juventus, duella con Maldini nella finale di Champions League vinta dai rossoneri
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Zambrotta con la maglia del Barcellona, con cui ha giocato dal 2006 al 2008 vincendo una Supercoppa di Spagna
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Zambrotta in maglia Milan, con cui ha giocato dal 2008 al 2012 vincendo uno scudetto e una Supercoppa italiana. Con la Juventus (1999-2006) ha invece conquistato due scudetti, una Coppa Uefa e due Supercoppa italiana.
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Zambrotta, classe 1977, ha disputato 98 partite in Nazionale realizzando due goal.

Duttile e poliedrico lo è sempre stato già da giocatore Gianluca Zambrotta, capace di trasformarsi da jolly d’attacco nel Bari (squadra del suo esordio in A) a inamovibile difensore di fascia - a sinistra come a destra - di Juventus, Barcellona e Milan, oltre che dell’Italia campione del Mondo nel 2006.

Non c'è dunque nulla di cui stupirsi se per avviare la sua carriera di allenatore non ha esitato a volare in India per allenare dall’agosto al dicembre 2016 i Delhi Dynamos, con cui sta ora trattando il rinnovo del contratto. O se per aiutare le popolazioni terremotate ha accettato di indossare di nuovo la maglia rossonera (in squadra con il suo ex-compagno Serginho e con la pallavolista Rachele Sangiuliano) per sfidare le stelle nascenti del volley azzurro Paola Egonu e Alessia Orro in un originale “charity match” di snow volley promosso dal marchio Nutrilite e dal Consorzio Turistico di Plan De Corones a favore della raccolta fondi indetta da Fondazione Milan.

Consegnato insieme agli altri protagonisti dell’incontro l’assegno da 15 mila euro che va a sommarsi ai 10 mila già raccolti lo scorso settembre con il Nutrilite Challenge Tennis, Zambrotta non si è poi tirato indietro per una chiacchierata a tutto campo, partendo dalla strettissima attualità che vede nei quarti di Champions affrontarsi due delle sue ex-squadre…

Gianluca, c’è a tuo avviso un fattore-chiave nella doppia sfida tra Juventus e Barcellona?
“Sì, ed è il fattore-campo. In questo senso la Juventus deve saper sfruttare la carica positiva trasmessa dallo Stadium contro un Barcellona che questa stagione ha già dimostrato di essere più vulnerabile in trasferta. Poi al Camp Nou i ruoli saranno rovesciati e i bianconeri dovranno allora rimanere compatti e ‘corti’, replicando per certi versi la tattica con cui l’Atletico Madrid ha saputo aver ragione in passato dei blaugrana”.

Visto l’undici del Barcellona, c’è una zona del campo in cui la Juventus può essere superiore, facendo la differenza a suo favore?
“E’ solo la squadra che può fare la differenza, rimanendo come già detto compatta e con ogni reparto chiamato ad aiutare gli altri. In questo senso vedo bene la presenza di Mandzukic e Cuadrado sulle fasce, due giocatori offensivi ma che non si tirano certo indietro in fase di copertura, così come fanno del resto anche Dybala e Higuain. Se tutti avranno questo atteggiamento, la Juventus può davvero farcela, sfruttando anche il fatto che dopo le ultime stagioni tanti suoi elementi hanno acquisito una maggiore esperienza internazionale”.

Quella che certo non è mancata nella tua carriera di calciatore e che stai ora accrescendo da allenatore con l’avventura nell’Indian Super League: che campionato è?
“Le squadre devono essere composte da 5 giocatori indiani più 6 stranieri e come livello tecnico il torneo sta tra la nostra Serie B e la Lega Pro. Ma è soprattutto l’espressione di un movimento che ha voglia di crescere e di offrire uno spettacolo di qualità ai suoi spettatori. Gli stadi sono stati abbelliti e dal punto di vista dell’intrattenimento ci sono anche curiose particolarità: ad esempio la musichetta stile Nba che parte al momento di battere un calcio di punizione in porta o i fuochi artificiali sparati subito dopo un goal… Ma il tifo rimane quello calcistico, soprattutto nel caso delle squadre del Sud come quelle di Goa e Kerala: quest’ultima ci ha eliminato nella semifinale playoff, in cui abbiamo giocato la partita interna davanti a 65 mila spettatori, con la media in campionato che è comunque di 25 mila”.

La volontà è quindi quella di proseguire l’esperienza a Delhi?
“Sì, perché quella dello scorso anno si è rivelata ottima tanto dal punto di vista umano quanto da quello professionale. A stimolarmi è soprattutto il fatto che i giocatori indiani sono disposti a imparare da chi arriva da un calcio importante: se hai voglia di insegnare, sono più che disposti a seguirti. In questo senso la sfida è anche quella di riuscire a scovare e far crescere un giovane talento da portare nella nostra Serie A: sarebbe un esordio assoluto e anche un modo per rilanciare in India il nostro Campionato, che era il più seguito sino a una decina di anni fa, mentre ora ha lasciato il posto alla Premier League, con particolare riferimento al Manchester United”.

Al proposito, come vedi l’attuale momento del calcio italiano rispetto agli altri principali campionati europei?
“La differenza è sotto gli occhi di tutti: basta guardare le rose dei principali club europei e quelle delle nostre squadre per accorgersi che dalla Champions conquistata nel 2010 dall’Inter a oggi la Serie A ha gradualmente perso in tasso di qualità dei giocatori, con i top-player che sono andati a giocare altrove. Però vedo come largamente positivo il fatto che questa situazione ha portato diverse società a puntare sui giovani italiani: si è magari perso ‘appeal’ verso l’estero, ma nel medio-lungo periodo il nostro calcio potrebbe averne indietro un grande vantaggio, a partire ovviamente dalla Nazionale”.

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