Peres ricorda l'assassinio di Rabin
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Yitzhak Rabin, l'uomo che avrebbe voluto la pace

Quando l'estremista ebreo Yigal Amir sparò e uccise Yitzhak Rabin, la sera del 4 novembre 1995, nella piazza dei Re di Israele a Tel Aviv c'erano oltre 100mila persone.

Erano sostenitori del processo di pace che il primo ministro Rabin aveva avviato con i palestinesi.

Arafat e Clinton alla Casa Bianca
Il faticoso cammino verso la pace aveva avuto il momento di maggiore impatto simbolico due anni prima, il 13 settembre 1993, quando, davanti al presidente degli Stati Uniti Bill Clinton, nel giardino della Casa Bianca, Rabin aveva stretto la mano a Arafat - suo storico nemico, da sempre considerato da Yitzhak un terrorista - per sancire gli accordi di pace di Oslo.

Un nuovo libro, pubblicato dal giornalista Dan Ephron, Killing a King: The Assassination of Yitzhak Rabin and the Remaking of Israel (W.W. Norton & Company, 2015) ricostruisce con ricchezza di dettagli la storia dell'omicidio del primo ministro che voleva la pace per Israele.

Un accordo importante
L'Olp doveva riconoscere il diritto di Israele a esistere; Israele si sarebbe ritirata da Gaza e da sette città della Cisgiordania e avrebbe concesso una forma di autogoverno e di assemblea rappresentativa dei Palestinesi: quella che avremmo poi conosciuto come Autorità nazionale palestinese.

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1 novembre 2015. Le immagini della Beretta cal.9 che uccise Rabin 20 anni fa.
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La drammatica sequenza mostra Rabin già colpito a morte, gettato in auto dalla Sicurezza nell'inutile tentativo di salvarlo.
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Yitzakh Rabin. (Gerusalemme 1 marzo 1922-Tel Aviv, 4 novembre 1995.)
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Peres e Rabin nel novembre 1974.
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Arafat al Telefono con Rabin nei giorni delle trattative del 1993.
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Gerusalemme, 6 novembre 1995. Bill e Hillary Clinton visibilmente commossi ai funerali di Rabin.
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16 novembre 1992. 50.000 coloni si radunano per protesta contro i negoziati di pace promossi dal governo di Rabin.
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Tel Aviv. 4 novembre 1995. La manifestazione per la pace che si concluderà tragicamente con l'assassinio di Rabin.
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Israele, 1962. A sinistra il vice capo di Stato Maggiore Rabin in compagnia di Ehud Barak.
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Henry Kissinger e Rabin durante l'apice dei loro rapporti nel 1975.
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La folla a Tel Aviv nel decennale della scomparsa di Rabin.
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Yitzahk e Leah dopo la nomina a primo ministro nel 1974.
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Dopo gli accordi con il presidente egiziano Mubarak, nel 1993.
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In rassegna a una divisione femminile dell'IDF nel 1964.
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A sinistra giovane ufficiale durante la guerra Arabo-israeliana del 1948.
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Yitzhak Rabin (sx) con Yosef Weitz and Haim Laskov nell'area di Negev durante il conflitto del 1948.
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Rabin a pochi mesi di vita tra le braccia della madre Rosa Cohen
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Negli anni del liceo presso la Kadoorine Agricultural High School di Gerusalemme.

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Nella città vecchia di Gerusalemme in compagnia del generale Moshe Dayan durante la guerra dei Sei Giorni del 1967.
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In visita ai territori israeliani del Nord in carica di Capo di Stato Maggiore.
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4 giugno 1975. Le forze israeliane si ritirano dalle posizioni della guerra dello Yom Kippur di due anni prima. Inizia la fase distensiva voluta da Rabin.
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Rabin e il premier britannico John Major nel 1992.
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1976. In visita alle miniere di rame di Eilat.
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Oslo, 1994. Arafat, Rabin e Peres con il Nobel per la Pace.
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Lo storico momento degli accordi di Camp David del 1993. Shimon Peres al centro, con Yitzhak Rabin e Yasser Arafat
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Ritratto della nipote Noah Rabin
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Ariel Sharon (sx) e Rabin nel Sinai. 1976.
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Rabin e la moglie Leah poco dopo il loro matrimonio nel 1948.
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Carabinieri e paracadutisti in assetto di guerra, in una foto del 16 aprile 1986, a Lampedusa, dopo che missili Scud libici sono stati lanciati contro l'isola come rappresaglia al bombardamento aereo americano contro Tripoli. I missili mancarono l'isola, che ospitava un'installazione americana, e finirono in acqua.

L'eroe della Guerra dei Sei Giorni
Secondo molti osservatori e storici della società israeliana, Rabin - eroe della guerra dei Sei Giorni del 1967, l'uomo che più di ogni altro contribuì alla costruzione dell'Idf (Israeli Defence Forces) dopo la guerra di indipendenza del 1948, mai tenero con i palestinesi che contribuì a espellere durante quel conflitto - Rabin dunque era uno dei pochi uomini di Israele in grado di far digerire al suo paese i termini della pace nel 1993.

Ma il clima di speranza e fiducia venne presto inquinato.
I gruppi palestinesi inclini al terrorismo, Hamas primo fra tutti, seminarono di attacchi suicidi le città israeliane, causando decine di morti, alzando la tensione e rendendo molto difficile per Rabin far accettare l'idea stessa di pace con i Palestinesi.

"Il traditore"
Rabin divenne addirittura bersaglio di critiche pesanti e di una campagna di odio da parte dell'estrema destra israeliana e di molti coloni.

Per due anni i servizi segreti raccolsero informazioni allarmanti su quel che si diceva nei circoli estremisti di Israele: Rabin era un "traditore" e doveva essere punito. Alcuni rabbini pubblicarono anche un dotto "parere" che giustificava eventuali killer.

Yigal Amir, l'assassino, aveva 25 anni. Per i due anni precedenti l'omicidio venne ascoltato più volte manifestare l'intenzione e il desiderio di punire con la vita il "traditore" che stava vendendo, diceva, Israele e in particolare i coloni della Cisgiordania.

D'altra parte le bombe del terrorismo palestinese stavano erodendo il consenso al partito laburista di Rabin e rendevano sempre più popolare il Likud di Benjamin Netanyahu.

Ephron nel suo libro ricorda come l'attuale primo ministro fosse presente a un raduno tenuto un mese prima dell'assassinio, nel quale la folla urlò per due ore "Morte a Rabin" senza che Netanyahu intervenisse per dissuaderli.

La sera del 4 novembre Rabin restò in dubbio fino alla fine se intervenire o meno alla manifestazione. Temeva che la partecipazione fosse scarsa. Le oltre 100mila persone intervenute superarono qualsiasi altro raduno dello schieramento opposto agli accordi di Oslo.

Si temeva un'attentato palestinese
Il servizio di sicurezza era in allarme soprattutto per un attentato suicida palestinese. Rabin stesso non si sarebbe mai aspettato di essere preso di mira da un ebreo.

La storia che cambia
L'omicidio di Rabin sembrò cambiare la storia. Lo sdegno della parte del paese che credeva nella pace non servì a confermare i laburisti del nuovo leader Shimon Peres al potere nelle elezioni successive.

Netanyahu divenne negli anni il vero padrone della politica israeliana e il processo di pace si arrestò. Oggi, vent'anni dopo, nessuno sembra più capace nemmeno di pensare a una possibile pace fra Israeliani e Palestinesi.

Ephron nel suo libro sostiene con forza che la storia delle relazioni avrebbe preso un'altra strada senza quell'omicidio. Che Rabin avrebbe davvero lasciato buona parte dei territori occupati e che questo avrebbe permesso la creazione di uno Stato palestinese.

In realtà dovremmo permetterci di avere molti dubbi rispetto a questa tesi di Ephron.

Perché già allora per esempio, come ci ricorda Dexter Filkins sul New Yorker, sembrava evidente la difficoltà di sgombrare i 130mila coloni che nel 1995 erano insediati nella West Bank senza provocare una rivolta.

E, d'altra parte, Hamas e gli altri gruppi terroristici palestinesi fecero qualsiasi cosa fosse loro possibile per colpire le tesi delle forze israeliane per la pace, dagli attentati suicidi a, dopo il 2005 - quando il primo ministro Sharon (a tutti gli effetti un falco della destra israeliana) ordinò il ritiro dei coloni dalla Striscia - gli attacchi con i missili e le provocazioni sul territorio israeliano.

Demografia religiosa
Oppure, dice sempre Filkins, che definisce il trend ancora più decisivo: anche un accordo di pace che avesse previsto un massiccio e sostanziale ritiro dagli insediamenti nella West Bank avrebbe modificato poco la tendenza che sta trasformando sempre più rapidamente la politica e la società israeliana: la crescita della componente religiosa ultra-ortodossa che ha reso il paese, più religioso, più conservatore e, come dice, Ephron, più "messianico".

Un paese nel quale l'estremismo ebraico è una forza radicata - erede dei gruppi terroristici della storia israeliana prima della creazione dello Stato, nella fase finale del Mandato britannico - con la quale i governi, specialmente nei territori occupati, devono continuamente scendere a patti.

Un paese nel quale il senso di accerchiamento è diventato normalità, che si sente attorno il grande conflitto intra-islamico fra Sunniti e Sciti che ha reso ancora più complesso, imprevedibile lo scenario disegnato da chi vorrebbe la distruzione dello Stato ebraico.

Un paese che oggi si confronta con una nuova (presunta) intifada: meno pesante ma più imprevedibile delle precedenti, perché diffusa, fai-da-te.

Un paese che sembra solo concepire la difesa come protezione militare, non come pacificazione con il nemico storico. Nemico storico che, d'altra parte, sembra aver abbandonato ogni leadership moderata e ha abbracciato il radicalismo estremista.

In sostanza, per quanto importante e sconvolgente, la morte violenta di Rabin ha forse solo accelerato un processo che era già in corso e in fase avanzata. Processo che, in fondo, forse è stato esso stesso causa di quell'omicidio.

- Dan Ephron, Killing a King: The Assassination of Yitzhak Rabin and the Remaking of Israel (W.W. Norton & Company, 2015)
- Bruce Hoffman, Anonymous Soldiers: The Struggle for Israel, 1917-1947 (Knopf, 2015)
- Patrick Bishop, The Reckoning: Death and Untrigue in the Promised Land - A True Detective Story (Harper, 2014)

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