Vinitaly, è ora di puntare sul digitale

In alto i calici, d’accordo. Ma che trovino presto una via digitale di successo, se non si vuol rischiare di perdere la gioia. L’Italia del vino marcia trionfante: primo Paese produttore e primo esportare. Ma il podio è instabile perché il mercato è in profonda evoluzione con l’Europa che arretra (sia per produzione, sia per consumi), gli Stati Uniti che resistono alla grande come primo importatore e i cosiddetti "emergentiE che crescono con tassi a due cifre. È il solito scenario di questo faticoso decennio, che mette a dura prova la capacità delle nostre imprese di affrontare la sfida.

Per capire quanto il vino sia importante basti ricordare che rappresenta quasi un quarto della produzione agricola nazionale. Non si può quindi abbassare la guardia e va fatto di tutto per difendere le posizioni. La consapevolezza che il momento sia decisivo non manca. E infatti Vinitaly, che è la più grande fiera del mondo del settore, ha deciso di farsi promotore di un grande hub digitale per il vino italiano: in occasione dell’apertura, il 7 aprile, verrà lanciato WineClub, una piattaforma per promuovere e vendere on line le bottiglie dei cento produttori che partecipano a OperaWine, la degustazione organizzata dalla prestigiosa rivista americana Wine Spectator proprio alla vigilia dell’appuntamento di Verona. Diciamo che può essere considerato una piccola e interessante sperimetazione, visto che solo al Vinitaly paertecipano 4mila aziende. E 380mila sono quelle attive in Italia. Strada da fare quindi ce n’è ancora molta.

Sul progetto WineClub la Fiera di Verona ha già investito mezzo milione di euro per il 20% della società che lo gestirà (riservandosi di salire al 51%). Si comincerà con l’Italia, poi sarà la volta dell’Europa entro l’anno per arrivare, si spera, fino alla Cina nel prossimo biennio. Oggi è il terzo mercato del mondo e vale già oltre 2 miliardi e mezzo di dollari ma quasi tutti ritengono che sarà presto il primo. Le importazioni crescono al ritmo del 18% (2012), aumenta la qualità richiesta ma l’Italia resta ferma alla sua piccola quota del 5% nonostante l’arretramento dei cugini francesi. Vuol dire che la pressione commerciale e comunicativa non è ancora sufficiente in un contesto oggettivamente difficile ma dove sembrano muoversi con maggiore disinvoltura americani, australiani, cileni e neozelandesi.

Vinitaly prova a sviluppare un’azione di sistema (che dovrebbe essere preoccupazione di Ice, no?) e quest’anno per la prima volta accoglierà non solo le istituzioni di Pechino ma anche i maggiori commercianti online della Cina, da YesMyWine, a M1ntCellars, Tmall e Vinehoo. Sono 190 milioni di clienti quelli che si possono raggiungere via Internet. «L’Italia  non può sottrarsi a questa logica se vuole essere competitiva», dice il direttore generale di Vinitaly Gianni Mantovani. C’è ancora qualcuno che ha il coraggio di dire che il web è poco adatto a vendere Brunello e Franciacorta?

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