Ut ethos sint

Ernersto Galli della Loggia ha scritto ieri un editoriale sul Corriere in cui si augura il sorgere non di un nuovo partito cattolico, ma di “una voce cristiana, e dunque anche cattolica” che dia, alla disorientata società italiana, una sorta di surplus d’anima che aiuti ad affrontare i venturi tempi bui.

Galli della Loggia scrive tante cose condivisibili: spiega che lo spazio in cui si costruisce la cultura civica è in qualche modo prepolitico e che proprio in esso – prima ancora che nell’organizzazione di un partito – i cattolici hanno avuto sempre un ruolo fondamentale in Italia; afferma che la società italiana è in crisi perché ormai da anni manca un afflato al bene comune (espressione scelta non a caso dal lessico caro al cattolicesimo sociale); individua una serie di “strettoie” che rendono farraginoso ogni progresso e ogni dinamismo della società italiana; denuncia la latitanza dell’associazionismo cattolico su questioni che non siano quelle del “diritto alla vita”, come se di altro all’etica pubblica cattolica non importasse e non dovesse importare.

C’è però un punto problematico nell’argomentazione di Galli della Loggia e si trova, a mio parere, proprio a fondamento di tutto il suo discorso, rischiando di inficiarne la validità. E si tratta del punto in cui viene evocato, per raccogliere la sfida proposta, “l’ethos cristiano […] che a dispetto di ogni secolarizzazione permea ancora di sé vaste masse di italiani”. È sicuro, Galli della Loggia, che questo ethos esista? Esistono ancora, dal punto di vista etico e culturale, i cattolici italiani, o sono dispersi in mille rivoli, in mille appartenenze, in mille fedeltà che a una visione del mondo cattolica antepongono appartenenze più peculiari e particolari, fedeltà a specifici movimenti, insegnamenti e inclinazioni culturali? Esiste ancora, in Italia, un popolo cattolico con un comune sentire che lo caratterizzi in quanto tale? O forse la condizione culturale dei cattolici italiani è quella di una dispersione, di una Babele di cui al momento non si intravede la possibile composizione e della quale molteplici sono le cause?

E lasciando infine l’editoriale per affrontare una riflessione più generale: è adeguato pensare che ciò che definisce – o che debba definire – i cattolici sia, innanzitutto, è un “ethos cristiano” condiviso? Ciò che contraddistingue i cattolici in quanto tali è che essi condividono un patrimonio di idee e di orientamenti morali?

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