United States of Juventus

Mentre in Italia impazza l’anti-juventinismo di ritorno, sublimato dai soliti articoli folkloristici (ieri la Gazzetta scriveva di Luciano Moggi “che le cronache raccontano abbia chiuso Paparesta nello spogliatoio”, nonostante questa leggenda metropolitana sia ormai stata smentita sia dai tribunali che dai diretti interessati), all’estero nessuno sembra essersene accorto. Anzi.

Il Made in Juve continua a farla da padrone anche fuori dai confini nazionali. Marcello Lippi diventa campione di Cina e di tutti i mondi, Del Piero è sempre più decisivo in Australia e anche un ex mai troppo amato come il grande Carlo Ancelotti è saldamente al primo posto nella Ligue1 di Francia.

La tradizione continua, insomma, dopo Trapattoni (campione in Germania, Portogallo e Austria), Capello (Spagna), Deschamps (Francia) e Zaccheroni (Giappone) cresce il numero di ambasciatori della cultura bianconera nel mondo.

Ecco, ci piace leggerlo così, questo ennesimo attacco insulso alla Vecchia Signora: la Juve è da sempre un corpo estraneo al football di casa nostra. Troppo avanti, troppo internazionale, troppo efficace per questo popolo di guelfi e ghibellini del pallone.

Sarà che a noi ce l’han detto fin da piccoli, che a far troppo certe cose si diventa ciechi. Sì, ciechi, come tutti quelli che al calcio preferiscono l’onanismo delle moviole. Così eccitati a far scorrere avanti e indietro i nastri delle partite alla ricerca di questo e quell’errore arbitrale da non vedere quello che è davanti agli occhi di tutti da più di un anno a questa parte: che la Juve è – anche al netto dei torti e dei favori arbitrali – la squadra più forte d’Italia.

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