Sussurri e sciami (sismici)

Uno strumento inventato per misurare il microtremore sismico può innescare, a sua volta, un terremoto? A quanto pare, sì. Lo strumento si chiama Tromino, fa parte della categoria dei tromometri e probabilmente è stato impiegato in queste settimane anche in Umbria, dove il 20 aprile scorso una scossa di magnitudo 3,6 nella zona di Città di Castello ha comportato l’immediata attivazione di un piano d’emergenza, inclusa l’evacuazione delle scuole. Misure che, com’è accaduto anche in Garfagnana, paiono dettate non tanto dall’evidenza scientifica, quanto da un’applicazione zelante del principio di precauzione.

Si direbbe che ormai i giudici incutano più paura dei terremoti dopo la sentenza che a L’Aquila, di fronte agli sguardi attoniti della comunità scientifica internazionale, ha condannato in primo grado sette scienziati italiani a sei anni di carcere per «omicidio colposo plurimo e lesioni colpose». In sostanza, per aver fornito rassicurazioni alla popolazione senza prevedere quello che sarebbe accaduto nella notte del 6 aprile 2009.

Ma torniamo al Tromino. È utilizzato dalla maggior parte dei professionisti nell’ambito della cosiddetta «microzonazione sismica». A sentire Luca Martelli, del Servizio geologico dell’Emilia Romagna, e Nicola Tullo, Presidente dell’Ordine dei geologi dell’Abruzzo, le principali virtù dello strumento risiederebbero nel basso costo e nella facilità d’impiego.

Il Tromino funziona con un software semplice, è maneggevole e pesa poco. Eppure ultimamente è fonte di qualche grattacapo per i suoi inventori. L’affaire Tromino viene sollevato per la prima volta dal giornalista Paolo Mandoli, che in un articolo pubblicato su La Nazione il 25 febbraio 2013 parla di «aspetti che sconfinano nel conflitto di interessi». Al centro c’è Francesco Mulargia, che insegna Fisica terrestre all’Università di Bologna, siede nella Commissione grandi rischi della Protezione civile e risulta titolare del brevetto relativo allo strumento, in linea con quanto previsto dalla normativa «Indirizzi e criteri per la microzonazione sismica» approvata nel 2008 dall’ex capo della Protezione civile Guido Bertolaso e dal presidente della Conferenza unificata delle Regioni e delle Province autonome Vasco Errani. Sono poi contitolari del brevetto Silvia Castellaro, ricercatrice titolare dell’insegnamento di Sismologia applicata presso l’ateneo di Bologna; Marco Mucciarelli, che insegna Sismologia applicata presso l’Università degli Studi della Basilicata e dal luglio 2012 dirige il Centro ricerche sismologiche dell’Istituto nazionale di oceanografia e geofisica sperimentale; e Dario Albarello, professore associato di Geofisica applicata e Pericolosità sismica presso l’Università di Siena e membro del Gruppo di lavoro «Microzonazione sismica» istituito presso il dipartimento della Protezione civile.

In risposta all’articolo di Mandoli e alle accuse di conflitto d’interessi, lo scorso 24 marzo l’avvocato Adelina Carbone invia una lettera alla Nazione, in cui chiarisce la posizione di Mulargia e aggiunge quanto segue: «Se il Tromino fosse stato utilizzato all’Aquila nelle settimane che precedettero la devastante scossa del 6 Aprile 2009, cioè per fini di protezione civile, forse si sarebbe potuta salvare qualcuna delle 300 vittime». Un’affermazione da far tremare i polsi: si possono forse prevedere i terremoti? Se l’è chiesto anche Il Foglietto, l’agguerrito settimanale online del sindacato Usi-Ricerca, scatenando un ampio dibattito tra gli addetti ai lavori.

Sul sito www.tromino.eu ci sono molte informazioni tecnico-commerciali sullo strumento, ma da nessuna parte si evoca una presunta capacità predittiva. Spulciando tra i dati della Micromed, la società che detiene in esclusiva la licenza per produrre il Tromino, balza agli occhi un cognome ricorrente: Castellaro. Il fondatore e vicepresidente della società specializzata in dispositivi elettromedicali, che da circa una decina d’anni si è dotata di un comparto geofisico, è Cipriano Castellaro, padre di Silvia, la ricercatrice titolare del brevetto. Nel cda della Micromed siedono inoltre Alessio Castellaro, fratello di Silvia, insieme a Luca e Aldo Castellaro, che di Silvia sono cugini. Contattata da Panorama la diretta interessata dapprima nega di avere fratelli, poi ammette i legami parentali, spiegando che è stata lei stessa a fondare il comparto di geofisica avvalendosi delle risorse che l’azienda paterna offriva. Silvia precisa anche di non essere dipendente Micromed, sebbene la società abbia la licenza esclusiva di sfruttamento del brevetto di cui la donna è titolare, insieme a Mulargia. Il quale, peraltro, sedeva nella commissione che ha assegnato alla stessa Castellaro il posto di ricercatrice a Bologna (di quella commissione faceva parte anche Stefano Gresta, attuale presidente dell’Ingv).

Proviamo a mettere un po’ di ordine: il professore Mulargia, membro della Commissione Grandi Rischi, è titolare di un brevetto internazionale relativo ad uno strumento sismico insieme ad una sua ricercatrice, alla cui azienda di famiglia è stata concessa la licenza di produzione. La stessa ricercatrice, Silvia Castellaro, quest’anno si è candidata per l’abilitazione nazionale a professore associato, e sarà giudicata da una commissione già nominata di cui è membro Francesco Mulargia. Quando facciamo notare al professore l’inopportunità di giudicare una candidata con la quale è anche socio in affari, Mulargia risponde che le nomine delle commissioni avvengono per sorteggio. E l’opzione delle dimissioni per manifesta incompatibilità? Mulargia non sembra disposto a contemplare tale ipotesi, almeno fino a oggi.

Nella lettera del 24 marzo l’avvocato Carbone aggiunge: «Il professor Mulargia non ha mai svolto alcuna attività di promozione e/commercializzazione dello strumento brevettato». Come a dire che pur essendo membro della Commissione grandi rischi Mulargia non ha mai approfittato del proprio ruolo per trarre vantaggio personale dalla diffusione di una strumentazione sismica da lui inventata. Da una semplice ricerca su Internet però si rinvengono alcuni documenti che paiono contraddire tale affermazione.

Ad esempio, sul sito della Protezione civile si trova la pubblicazione «Microzonazione sismica per la ricostruzione dell’area aquilana» curata da Sergio Castenetto e Giuseppe Naso, dove a pagina 96 si legge quanto segue: «La strumentazione di campagna era solo di due tipi: tromometri digitali (Micromed Tromino) per i gruppi di Università, Cnr e Dpc e sismometri Lennartz con acquisitori a 24 bit per l’Ingv. I primi hanno elaborato i dati con il software fornito a corredo dello strumento, i secondi con un software predisposto da Ingv». Sempre in Rete si incappa in un convegno organizzato il 15 dicembre 2006 a Bologna dal dipartimento di Scienze della Terra e geologico ambientali dell’Università e dall’Ordine dei geologi dell’Emilia Romagna: in tale occasione Mulargia, Castellaro e Piermaria Luigi Rossi evidenziano nella diapositiva n. 57 il minor costo e il minor peso del Tromino (8 mila euro, 1 kg) rispetto al concorrente Guralp 3T (20 mila euro, 30 kg). Sono sempre Mulargia, Castellaro e Rossi a firmare un articolo pubblicato nel 2007 su Il Geologo dell’Emilia Romagna, in cui la parola Tromino è citata tre volte, rimandando persino al sito («specifiche tecniche in www.tromino.it»). Ci sarebbero poi citazioni e ringraziamenti apparsi sulle riviste ufficiali di diversi ordini professionali, come l’Ordine dei geologi delle Marche che nel numero del settembre-dicembre 2010 menziona due volte il Tromino e ringrazia Silvia Castellaro per la revisione dell’articolo.

Sullo sfondo rimane la questione dei proventi derivanti dalle vendite del Tromino. Dalla relazione alla gestione allegata al bilancio della Micromed, che nel 2011 registra un fatturato di oltre 6,6 milioni di euro, emerge che nell’anno di riferimento le vendite «degli strumenti per la rilevazione del rumore sismico» hanno pesato sul fatturato totale dell’azienda per l’11,3 per cento. I dati del 2012 non sono ancora disponibili. Qualcuno potrebbe allora aspettarsi che all’Università di Bologna, dove operano sia Mulargia che la Castellaro, siano stati corrisposti i canoni periodici previsti dalla legge nel caso in cui titolari del brevetto siano esclusivamente gli inventori e non l’ente di ricerca. Invece l’Ufficio brevetti dell’ateneo precisa che dal 2004, anno della brevettazione, sino a oggi l’Università non ha visto neppure un centesimo. Interpellato su questo punto Mulargia afferma che l’invenzione non ha visto alcun coinvolgimento dell’Università, essendo stata realizzata «in un garage».

Chissà che non abbia utilizzato quello dei suoi genitori: a Steve Jobs portò immensa fortuna.    

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