La battaglia per la scarcerazione di Bossetti

Massimo Bossetti
Il presunto assassino di Yara Gambirasio, Massimo Giuseppe Bossetti

CARABINIERI

Dopo quattro mesi di isolamento in carcere, Massimo Giuseppe Bossetti, il muratore di Mapello indagato per il delitto di Yara Gambirasio, uscirà dal penitenziario di via Gleno a Bergamo. Lo farà, solo per poche ore, martedì 14 ottobre. L’operaio sarà infatti tradotto, a bordo di un furgone della polizia penitenziaria, al tribunale della Libertà di Brescia dove, alle ore 12, il giudice Michele Mocciola discuterà, in camera di consiglio, della sua eventuale scarcerazione in attesa del processo. 

Yara: un caso ancora non chiuso

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Massimo Giuseppe Bossetti, il presunto assassino di Yara Gambirasio

Yara: un caso ancora non chiuso

ANSA /Ufficio Stampa Carabinieri
Il presunto assassino di Yara Gambirasio, Massimo Giuseppe Bossetti mentre viene portato nella caserma del comando provinciale dei Carabinieri. Bergamo, 16 giugno 2014

Yara: un caso ancora non chiuso

La conferenza stampa degli inquirenti del caso Yara

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Il pm Letizia Ruggeri durante una conferenza stampa in procura in cui sono stati illustrati gli sviluppi dell'inchiesta sull'omicidio di Yara Gambirasio

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Yara Gambirasio

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Yara Gambirasio

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Yara Gambirasio, la giovane scomparsa ed uccisa il 26 novembre del 2010 a Brembate

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La tredicenne Yara Gambirasio

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Il padre di Yara Gambirasio, Fulvio, lascia la caserma dei carabinieri di Ponte San Pietro (Bergamo)

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La tomba di Yara Gambirasio

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L'uscita di Massimo Giuseppe Bossetti, l'uomo fermato per l'omicidio di Yara Gambirasio, dalla caserma del Comando Provinciale dei Carabinieri di Bergamo

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Un' immagine di Yara Gambirasio

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La tomba di Yara

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Giuseppe Guerinoni, l'autista e padre illegittimo del presunto killer di Yara, Massimo Giuseppe Bossetti

Yara: un caso ancora non chiuso

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Yara Gambirasio, la ragazza uccisa nel 2010 a Brembate

Il 12 settembre scorso i legali di Bossetti, Silvia Gazzetti e Claudio Salvagni, avevano presentato al tribunale di Bergamo istanza di scarcerazione per il loro assistito. Chiedevano che potesse attendere il processo agli arresti domiciliari. Ma il Gip Ezia Maccora aveva impiegato un solo fine settimana per rispondere, in appena quattro pagine, alle quaranta redatte dalla difesa del muratore. Emettendo un’ordinanza di rigetto. Gli avvocati ci riprovano ora con l’appello al tribunale della Libertà.

Perché la difesa chiede la scarcerazione

Fulcro della loro istanza, le esigenze cautelari e i gravi indizi di colpevolezza che, così come enunciati nell’ordinanza di arresto, sarebbero, a loro dire, insussistenti. In pratica la difesa di Bossetti contesta tutti quelli che sono gli indizi indicati dall’accusa e, forte della decisione dello stesso gip che, in fase di convalida del fermo, negò la probabilità del pericolo di fuga, torna a chiedere la scarcerazione del loro assistito. Massimo Bossetti, da sempre determinato a voler dimostrare la propria innocenza, ha chiesto – come è suo diritto – di partecipare all’udienza, che si svolgerà a porte chiuse. In aula sarà presente anche il pubblico ministero Letizia Ruggeri, accompagnata dal procuratore capo di Bergamo, Francesco Dettori, a dimostrazione della condivisione di tutta la procura dell’impianto accusatorio a carico di Bossetti.

Le tracce del Dna

I punti che saranno discussi sono quelli già anticipati dai media nei giorni scorsi. In primis, la rivalutazione del campione di dna prelevato dagli slip di Yara nel campo di Chignolo d’Isola. Sui vestiti della ragazza furono trovate varie tracce biologiche. La più importante è appunto quella repertata sulle mutandine della giovane ginnasta di Brembate di Sopra. Il rapporto del Ris dei carabinieri, che effettuò le analisi, parla di traccia corrotta dalla permanenza per tre mesi agli agenti atmosferici. Tanto deteriorata da non poter stabilire se si tratti di sangue, saliva o altro. Ma nello stesso rapporto il Ris definisce quella medesima traccia ottimale per quanto riguarda l’estrapolazione del profilo genetico del presunto assassino.

Un reperto che non esiste più

Da quella traccia gli inquirenti arrivarono prima alla famiglia Guerinoni, quindi all’autista di pullman di Gorno, in alta Val Seriana, padre biologico di Ignoto 1 (nome in codice del presunto autore del delitto) e, infine, a Massimo Giuseppe Bossetti. Posto che, dopo quasi quattro anni di indagini, di concreto e inequivocabile a carico di Bossetti c’è solo quel dna, i suoi avvocati chiedono che venga ripetuta la fase di estrazione dal reperto iniziale. Peccato che quel reperto non esista più, a causa delle numerose perizie a cui è stato sottoposto.

Il Ris  - e con loro la Procura – assicura che l’estrazione del profilo di Ignoto 1 è stata fatta con i crismi della irripetibilità. E cioè che, anche se non resta più niente di quella traccia, l’esame deve considerarsi valido per sempre. Gli altri indizi raccolti fino ad ora – anche se l’istanza considera soltanto quelli contenuti nell’ordinanza di arresto – secondo gli avvocati di Bossetti si prestano a duplice interpretazione e sono quindi, a loro dire, insufficienti per tenere in carcere l’operaio. Dagli ambienti investigativi filtra un fiducioso ottimismo circa il verdetto del tribunale della Libertà, che emetterà sentenza nei prossimi giorni. Ma è pur vero che dall’ufficio del giudice Mocciola sono arrivate alla procura di Bergamo richieste di atti integrativi al fascicolo in loro possesso. Segno che a Brescia vogliono vederci chiaro. Quel che è certo è che, anche se il tribunale di Brescia sarà chiamato ad esprimersi soltanto sull’opportunità della custodia cautelare in carcere per Massimo Bossetti, la sentenza che sarà emessa peserà, e non poco, sul futuro processo per il delitto della piccola Yara.

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