Matteo Salvini
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Treviso e il ricco Nord avvisano Salvini: euro e stabilità sono sacri

Nessuno è disposto ad ammetterlo, nemmeno velatamente. Né l'ultraortodosso Massimiliano Fedriga, neo governatore del Friuli-Venezia Giulia. Né tantomeno il pragmatico Luca Zaia, presidente del Veneto. Eppure è stato il vento del Nord a fare uscire Matteo Salvini dal fortilizio in cui s'era assediato: quello da cui vedeva, giorno dopo giorno, lievitare i sondaggi e il panico sui mercati; quello della rottura con Mattarella.

Poi sono arrivate raffiche di bora da Trieste. E folate di libeccio da Venezia. Capitani d'industria, piccoli imprenditori, partite Iva. Tutti a soffiare dietro le spalle del "Capitano". Con Fedriga e Zaia a fare da latori. Spread in risalita, Borse in picchiata, euroscetticismo dilagante. Tirarsi fuori dalla palude, al più presto. Lo chiedeva l'inesaurito bacino di voti della Lega. Quello dei capannoni in periferia, delle aziende quotate, dell'innovazione stracciacrisi.

La preoccupazione di Treviso che esporta più della Grecia

Così Salvini ha smesso i panni del tribuno per indossare l'abito buono: quello sfoggiato al Quirinale per il giuramento del governo gialloverde. Sospiro di sollievo. Arrivato anche da Treviso: cuore del Nordest e avanguardia economica. In città (mentre si insedia il nuovo sindaco leghista Mario Conte, ndr), si ragiona sullo scampato pericolo.
La politica non può intralciare un'invincibile armata da schei. Questa è la città dei paperoni italiani, da Benetton e De' Longhi. La produzione, certifica Unindustria di Treviso, aumenta del 3,3 annuo: più del doppio del resto d'Italia. La provincia, di cui proprio Zaia è stato presidente, esporta più della Grecia, con una crescita del 5,6 per cento nel 2017.

Esci dalle mura, che difendono il cuore medioevale, e incontri una distesa di paesi brulicanti di capannoni e uffici. A Villorba, per esempio, c'è Dba Group, che fa consulenza tecnologica per infrastrutture. Entrata in Borsa lo scorso dicembre, ha clienti come Eni, Enel, Autostrade, Tim e Vodafone. "Dopo le elezioni abbiamo perso il 20 per cento" lamenta Francesco De Bettin, presidente e fondatore, assieme ai tre fratelli, della società. "Siamo diventati il termometro dell'isteria, in balia del piccolo investitore che non sa attendere. Si scende velocemente, ma si risale a fatica. Prima sul mercato valevamo 52 milioni, adesso 42. Ecco il risultato della settimana dell'incertezza populista". Poi però, a Roma, è arrivato l'accordo. "A Salvini avranno detto che la Lega rischiava di perdere gran parte delle imprese" ragiona De Bettin. "Qui c'è la ripresa vera. Ci rubiamo gli ingegneri tra aziende. Avevamo preso il serpente della ripresa per la testa. Ma, mentre lo tenevamo fermo, qualcuno tirava secchi d'acqua. Non puoi venire a dire a una società come la mia, che fa il 40 per cento del fatturato all'estero, che esci dall'euro ma che il disagio sarà momentaneo. Significa dirgli che chiuderà domattina".

Adesso il governo ha mosso i primi passi: "Sono scettico, ma questo lusso non posso permettermelo: quattromila persone dipendono dalle mie scelte. Quando una mamma ti chiede parte del Tfr per l'apparecchio ai denti del figlio tu devi esserci. E questi 90 giorni hanno tenuto tutto in sospeso".

L'euroscettiscimo leghista danneggia le aziende

Sempre a Villorba, a poche centinaia di metri da Dba, c'è Aton: una società di informatica che offre soluzioni digitali ad aziende come Moncler e Benetton e istituzioni come Banca d'Italia e Nazioni Unite. Aton è appena entrata nel programma Elite, creato da Borsa italiana e Confindustria per supportare le imprese "ad alto potenziale di crescita" e condurle a Piazza Affari. Un traguardo raggiunto nel bel mezzo della crisi politica più lunga di sempre. Giorgio De Nardi, l'amministratore delegato, è perplesso: "L'idea di riscrivere gli accordi europei è molto velleitaria. E ci fa perdere credibilità. Le conseguenze si vedono. L'anno scorso ci sono state molte quotazioni. Adesso il flusso è diminuito".
Anche Aton ha rallentato la sua corsa: "Questi 90 giorni di paralisi ci hanno dato un bel colpo. Molti hanno rinviato gli ordini".
Il nuovo governo punta alla crescita. "Nel contratto c'è di tutto: dalla flat tax al reddito di cittadinanza. E non ci sono adeguate coperture. Uno scenario che non rassicura le imprese. Non si fanno così le rivoluzioni".

Aspetta e spera pure Damaso Zanardo, presidente di Zanardo Group, società veneziana di logistica. Ha comprato un'ex fabbrica di ceramiche, la Pagnossin, nella periferia sud ovest di Treviso, dietro l'aeroporto. Un'immensa area da recuperare. Che Zanardo vuole trasformare in un mercato dell'enogastronomia regionale. "Dopo tre mesi di paralisi, gli imprenditori erano stufi. Io stesso mi sono fermato". E ora? "Il quadro resta incerto. Tra 100 giorni ne riparliamo. Per investire, aspetto ottobre. Dobbiamo riqualificare 100 mila metri quadri. Lo sforzo è enorme. Mi servono serenità e stabilità. E magari sburocratizzazione: una riforma a costo zero, che cambierebbe davvero questo Paese. Alla flat tax pensiamo dopo".

Il modello da seguire: il Veneto di Zaia, moderato e concreto

L'enorme fabbrica dismessa s'affaccia sulla statale che porta a Padova. È il lembo del nuovo triangolo industriale, battezzato dall'Unindustria di Treviso, che passa per Milano e Bologna. Ed è la strada che porta a Quinto. Dove ci sono gli uffici di The3DGroup, la più grande società italiana di stampa tridimensionale: "A un certo punto ci è sembrato che la Lega avesse perso il suo ruolo di paladina del Nord che lavora, produce e paga le tasse. Ci siamo sentiti abbandonati" ammette Roberto Rizzo, fondatore. "Salvini stava tirando troppo la corda. Credo che molti abbiano fatto pressioni per evitare questo scontro perenne. Il voto qui è pragmatico. E si orienta su stabilità e crescita. Quando abbiamo sentito quei discorsi contro l'euro siamo saltati sulla sedia: oh ragazzi, il Veneto esporta più della Grecia. La nostra valuta è l'euro. L'Italia sta in piedi grazie all'export". Rizzo punta l'indice fuori dalla finestra: "Metà delle auto tedesche sono fatte qui attorno. Una guerra alla Germania è da pazzi. Solo retroguardia".
E adesso? "Un governo c'è. Speriamo che il modello sia il Veneto di Zaia: moderato, concreto e competente".

Le odi al governatore, nato a Conegliano, seconda città della provincia, sono quasi scontate tra le aziende trevigiane. Sarebbe stato lui il loro messaggero che parlasse a Salvini. Adesso, passata la paura, s'intravede speranza: "Il nuovo governo è un salto nel vuoto, ma bisogna provare. E, se non riusciamo a cambiare qualcosa, stavolta è davvero finita" dice Riccardo Donadon, fondatore e amministratore delegato di HFarm, incubatore di startup e campus per l'innovazione a Roncade, dove la campagna trevigiana si fonde con quella lagunare. "L'Italia va sburocratizzata. Questo vogliono gli imprenditori. E magari persone meno legate all'establishment possono fare qualcosa".

Per passare dal digitale alla sua antitesi, bisogna risalire verso nord ovest, fino a Istrana. Qui c'è Pro-Gest, leader nella produzione di carta, cartone e imballaggi: 1.100 dipendenti e mezzo miliardo di fatturato, in crescita del 10 per cento: "Sono stati un po' lunghetti" ridacchia sornione l'amministratore delegato, Bruno Zago. "Mi auguro però che il tempo perso durante il fidanzamento porti a un matrimonio più solido. Perché noi abbiamo bisogno di stabilità. E un governo duraturo permette di pensare al futuro". Tutto è bene quel che finisce bene, dunque. "In realtà mi domando se i due sposi si siano capiti bene. La moglie vuole la pelliccia. Il marito la macchina nuova. E vogliono andare in ferie un mese in più. Però queste cose costano. Sarà meglio rinunciare a qualcosa".

Cosa pensano i due candidati a sindaco

Treviso, bar della stazione. Mario Conte, leghista, candidato del centrodestra, il 10 giugno è diventato il nuovo sindaco. Reduce dalla folla del comizio di Salvini in piazza dei Signori, traccia il solco: "La colpa dello stallo è stata di un'entità sovranazionale, molto vicina all'Ue. Ma tutti, adesso, chiedevano un governo". A Roma è nato il "Salvimaio". "Qui però con i Cinque stelle non c'è accordo. Sono contro le infrastrutture. E poi c'è il reddito di cittadinanza. In zona l'assistenzialismo non è di casa".

L'altro contendente al trono della Marca è stato il sindaco uscente Giovanni Manildo, opposte sponde democratiche: "Gli imprenditori erano preoccupati. Loro annusano l'aria meglio dei politici. Appena s'è capito che Salvini evitava il governo per lucrare un interesse di parte, hanno fatto emergere la sofferenza. Non si gioca sull'economia per un po' più di potere nella trattativa".
Arriva la sera. Al primo piano di un palazzo storico in piazza Filodrammatici, Stefano Zanette riempie i calici. Presidente del Consorzio Prosecco doc, è il testimonial dell'ultimo miracolo: le bollicine trevigiane valgono adesso 2,5 miliardi. E il 75 per cento delle bottiglie va all'estero. "Quando sento parlare di euroscetticismo resto basito" dice Zanette. "Bruxelles ha riconosciuto le denominazioni italiane e ha regolamentato il settore con intelligenza. Ci ha dato l'opportunità di affermarci. Ma l'Europa è pure un mercato: la Germania è il nostro terzo cliente". E poi c'è lo spread: "Che non è uno scherzo. Oggi le banche inseguono le nostre aziende per offrire nuove linee di credito. Il vento non deve girare". Arriva il momento del brindisi. Gli affari sono affari. Meglio il governo ircocervo che la paralisi. Calici in alto. A Treviso, locomotiva d'Italia. Prosit.


(Articolo pubblicato sul n° 25 di Panorama, in edicola dal 7 giugno 2018 con il titolo "Avviso dal ricco Nord: Matteo non fare scherzi euro e stabilità sono sacri")


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