Così la tenaglia pm-cronisti ha deviato indagini e nomine

Ci sono carte giudiziarie che descrivono meglio di mille editoriali lo stato della giustizia in Italia. O meglio il Sistema che secondo Luca Palamara si sarebbe retto attraverso tante piccole ‘ndrine formate da un procuratore, altri due pm svegli, un investigatore altrettanto rapido, oltre che ammanicato con i servizi segreti, e un paio di giornalisti di testate importanti. Documenti che sono un distillato perfetto di come vadano le cose nei tribunali italiani, ma soprattutto nelle redazioni. Due mondi controllati per decenni dalla sinistra, su felice intuizione gramsciana.

Le carte sono quelle contenute in due inchieste parallele, una della Procura di Firenze e una dei pm di Perugia, utili a comprendere quanto sia accaduto nel mondo dei magistrati e dei media circa cinque anni fa, quando venne azzerata la nomina a procuratore di Roma di Marcello Viola, colpevole di non essere nelle grazie delle toghe progressiste e delle loro teste di ponte dentro alle redazioni. Per poterlo azzoppare venne strumentalizzata l’inchiesta su Palamara e le intercettazioni ad essa allegate.


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