Tapering, la chiusura dei rubinetti Fed può attendere

Tapering o non tapering? Tranquilli! Il tapiro d’oro o presunto tale degli Staffelli Boys non c’entra. Qui c’è in ballo l’annunciato (ma poi ritrattato) dietrofront dell’ancora numero uno della Fed Ben Bernanke su una progressiva diminuzione dell’acquisto a man bassa di titoli di Stato Usa proprio da parte della Fed.

In soldoni: il 22 maggio l’oracolo Ben di fronte al Congresso tutto lanciò la bomba del tapering. Coniando per altro una parola ex novo. Fino a quel momento di tapering se ne intendevano solo gli ultra sportivi, quelli perlopiù alle prese con maratone, traversate oceaniche o altre robe ai confini della realtà (per noi umani). E dunque: tapering indicava il riposo del guerriero prima del grande evento. Zero allenamento, o quasi, per non sprecare energie preziose.

E per il nostro Ben? Tapering sta per chiusura dei rubinetti con la messa al bando nel tempo dell’ormai famigerato quantitative easing (QE). Altro scioglilingua che di fatto ha permesso agli Usa (e a noi tutti) di stare a galla nell’ultimo anno. Un paio di numeri giusto per fare chiarezza: a partire dal settembre 2012 la Fed ha immesso sul mercato 85 miliardi di dollari al mese per un totale di oltre mille miliardi di dollari in 12 mesi a fronte di acquisti di titoli e bond. Obiettivo: fare ripartire un mercato più che inceppato.

È quello che i guru dell’economia chiamano “politica monetaria espansionistica”. Mentre io suggerirei un più prosaico stampa-moneta a go go per sostenere artificialmente un mercato che non c’è. Ma siamo in un campo minato. E sono in tanti a optare per il male minore. E pazienza se le coperture non ci sono!

E ora? Prima dell’estate sembrava che ci fossero i presupposti per un graduale tapering. Ben (e non solo) aveva creduto in una ripresa che non c’è (o quanto meno è minore di quella che si vorrebbe soprattutto sul fronte occupazione) annunciando una probabile riduzione degli acquisti. È stato pochi giorni fa il suo braccio destro e assai probabile successore la super colomba Janet Yellen a convincerlo del contrario.

Puntando ancora una volta sulla forza dei numeri. Uno per tutti: la famiglia-tipo made in Usa guadagna oggi meno del 1989 ossia 51.017 dollari l’anno pari a 37.846 euro circa. Quella italiana fa anche meno (molto meno!): gli ultimi dati di Banca d’Italia dicono 32.714 euro l’anno ma si riferiscono al 2010. E comunque pari o quasi al livello 1989. Appunto.

Ergo: altroché ripresa! E per Yellen fermare ora il flusso di soldi Fed sarebbe deleterio. Giusto? Non giusto? Si direbbe giusto. Anche per noi che stiamo da questa parte dell’oceano. Motivo: il tapering Usa coinciderebbe con una minore propensione al rischio da parte dei grandi investitori che in questa fase così espansiva scommettono quattrini a raffica su Paesi e società più a rischio. E dunque anche su di noi.

Gli unici che potrebbero trarne vantaggio? Gli esportatori. Quelli si. Il dollaro si rafforzerebbe e dunque la nostra merce diverrebbe più conveniente. Ma per ora nulla di fatto. Yellen dixit. E Ben obbedì. Eccome.

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