Storia di Antonio, dramma italiano

Sono decine le mail che ricevo per lavoro: notizie, complimenti, curiosità. Da tempo spesso, sempre più spesso purtroppo sono richieste d’aiuto. Come questa.

Questa è una storia di disperazione italiana. E di orgoglio italiano. Di una famiglia che non ha più risorse, ma tanta forza di volontà. Arriva da Catania, nella solare sicilia che spesso dimentica i suoi figli.
E’ la storia di Antonino, di sua moglie Caterina e dei suoi due bambini Niccolò ed Alessia.. Da 16 mesi questa famiglia nn può contare su alcuno stipendio. Lui ha 52 anni, una vita come ascensorista. Trent’anni a lavorare giorno e notte per mantenere la sua famiglia. Semplice e felice. Poi il nulla. La crisi, le aziende che nn chiamano. Il lavoro che non c’è.
Lo contatto via mail dopo aver trovato per caso la sua storia. Mi scrive circa un’ora dopo. Mi vomita sulla mail tutta l’angoscia di un padre che non sa più dove trovare il pane per i suoi figli. “Se non fosse stato per qualche gentilissimo estraneo che ci ha versato qualcosa per sopravvivere, noi adesso, non so come ci saremmo già ridotti”. Antonino Favaro è limpido nel raccontare la sua povertà.
Antonino si è venduto tutto “Dalle fedi nuziale, ai regali dei bambini per il battesimo, ai mobili di casa” ci racconta. Una casa che tra poco non avranno più. Che non è loro. E per questo verranno sfrattati.
“Sono giunto molto vicino all’abisso più profondo della miseria, e grazie alla forza di volontà di mia moglie e della speranza che, in fondo, qualcosa accada, siamo ancora qui”
Per qualche mese hanno vissuto della disoccupazione ordinaria. Finché è finita.
Vorrebbero avere la possibilità di guadagnare i soldi per poter sopravvivere, per crescere i due figli che ormai non chiedono più nulla, perché non c’è più nulla da chiedere.
Il domani è un incubo. Il Natale lo rende ancora più cupo. Perché qui non si tratta di decidere cosa sacrificare per un figlio. Antonino e sua moglie Caterina non possono mettere insieme pranzo e cena. Non possono nemmeno vivere giorno per giorno. Scrivere questa storia, leggerla, forse è già un primo passo verso un po’ di luce.

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