I robot? Nel 2044 saranno proprio come noi

È il sogno ricorrente di Will Smith nel film iRobot: essere faccia a faccia con un’entità robotica, in grado di pensare, parlare e agire proprio come noi. Seppur si tratti solo di un film, quel sogno potrebbe presto diventare realtà, almeno a sentir parlare gli esperti informatici in giro per il mondo. Tra questi vi è Murray Shanahan , professore di robotica cognitiva presso l’Imperial College di Londra, che dal 2012 lavora sul cosiddetto “apprendimento approfondito” (deep learning) applicato ai sistemi di Intelligenza Artificiale (AI).

Il professore è convinto che ci siano buone chance per cui nei prossimi 25 anni l’AI possa rispecchiare totalmente l’intelligenza umana, imitandone e prevedendone azioni e strategie. “Il raggiungimento di un pari livello tra intelligenza artificiale e umana sarà reale” – ha spiegato Shanahan al sito Techradar. L’unico problema è che il ricercatore inglese non riesce ancora a spiegarsi quale possa essere il tassello mancante nel complicato puzzle che porterà i robot a ragionare come noi.

A differenza degli attuali assistenti digitali, come Assistente Google, Alexa e Siri, che si basano tutti su input dati dall’utente (indirizzo di casa, lavoro, squadre preferite) per ricevere notifiche, quello che diventerà l’IA entro il 2044 sarà una vera e propria intelligenza parallela, in grado di prevenire i comportamenti umani e agire di conseguenza.

“La particolarità degli esseri umani e degli animali è che sanno adattarsi a diverse situazioni – ha spiegato Shanahan – è quel tipo di intelligenza che si deve cercare di integrare nelle macchine. Non penso che ci sia qualcuno al mondo in grado di sapere come fare. Deve esserci una sorta di trucco da scoprire, che è insito nell’evoluzione umana e che ancora non stiamo sfruttando”. Vengono in mente le scene di Blade Runner, in cui il poliziotto Rick Deckard insegue i replicanti della Tyrell Corporation per ritirarli ed evitare che si mischino tra le persone. Un lavoro che potrebbe essere particolarmente richiesto nei prossimi 50 anni.

Un buon punto di partenza è il riconoscimento vocale, proprio quello che viene utilizzato negli attuali smartphone e tablet: “E’ stata una funzione basilare per anni, poi all'improvviso, grazie al machine learning e alla possibilità di raccogliere una grande mole di dati, è diventato uno strumento migliore e di successo”. Il merito va sicuramente ai passi fatti dalla tecnologia in materia di analisi predittiva e al modo in cui oggi vengono utilizzati le informazioni delle persone raccolte a scopo scientifico. L’obiettivo non è più capire come gli umani agiscono per poi proporre una risposta, ma come potrebbero agire ad un input esterno, per prevederne le reazioni successive e ulteriori. Possibilmente entro il 2044.

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