Inafferrabile come un fantasma, eppure dotato di un potere in pratica sovrannaturale. Le sue correnti e i suoi componenti sfuggono a qualsiasi tentativo di riforma (inclusa quella tentata dal ministro Cartabia). E la possibilità di dare al Consiglio superiore della magistratura regole necessarie come non mai si allontana ancora una volta, con l’elezione del capo dello Stato e le sue conseguenze…
La politica italiana è paralizzata da un fantasma con un nome di tre lettere, Csm. La sigla in teoria vuol dire Consiglio superiore della magistratura, ma secondo un’altra interpretazione significherebbe Cieco, sordo e muto, mentre altri ancora ipotizzano stia per Correnti, segreti e massonerie. Qualunque sia il suo vero nome, sta di fatto che il fantasma possiede poteri sovrannaturali notevoli, visto che da anni terrorizza la politica italiana. Che non è mai riuscita a imbrigliarlo o contenerlo, e ormai non prova più nemmeno a sfiorarlo. In molti casi fa perfino finta di non vederlo. E questo malgrado il fantasma abbia mostrato di essere una presenza a dir poco negativa e portatrice di gravissime patologie, che avvelenano la giustizia.
Le peggiori sono emerse nella primavera 2019, con lo scandalo delle segretissime manovre su carriere e promozioni ai vertici degli uffici giudiziari, ordite in ristrette conventicole correntizie e scoperte grazie alle intercettazioni delle chat telefoniche di un autorevole membro del Csm, l’ex sostituto procuratore romano Luca Palamara, leader della corrente di Unicost e dell’Associazione nazionale magistrati, il sindacato di categoria.
Da allora gli scandali nel Csm sono continui, in forme e misure diverse, e l’autorevolezza della magistratura è crollata ai minimi storici, ma la politica è rimasta immobile davanti al fantasma. Perfino il capo dello Stato, che pure del Csm è presidente, è rimasto impietrito: nel suo ultimo discorso agli italiani, la notte di Capodanno, Sergio Mattarella non ha osato fare il minimo accenno ai guai provocati dal fantasma.
Eppure la riforma del Csm è un tema aperto da anni. Da troppo tempo si parla di nuove norme che dovrebbero «tagliare le unghie» alle quattro correnti in cui è divisa la magistratura: come partiti impropri, sono le correnti che devastano il sistema giudiziario spartendosi vertici degli uffici, incarichi fuori ruolo e ricche prebende. Il merito dei magistrati e la qualità del loro lavoro sono ormai fattori irrilevanti: quel che conta è la loro politicizzazione, che ormai impera ovunque, senza limiti. Chi non si asservisce a una corrente-partito non fa carriera, è come non esistesse.
E la stessa logica di scambio politico governa le sanzioni, come ha mostrato la risibile punizione impartita al procuratore capo di Firenze, Giuseppe Creazzo, esponente di Unicost. Riconosciuto colpevole dal Consiglio superiore di aver aggredito sessualmente una giovane collega magistrata di Palermo durante una pausa di una riunione di corrente, il potente procuratore è stato condannato a perdere due soli mesi di anzianità, conservando posto e poteri. Con una logica a dir poco ottocentesca, il Csm ha stabilito che la vicenda «si circoscrive a evento tra privati» e ha deciso che Creazzo non abbia «violato i doveri di correttezza propri di un magistrato». Questo disastro, che il Csm stesso e una diffusa ipocrisia di casta coprono agli occhi degli italiani con una cappa di piombo, è stato denunciato anche da alcuni importanti magistrati, peraltro sempre isolati e spesso in pensione. Contro la maledizione delle correnti alcuni di loro, a partire dall’ex procuratore aggiunto di Venezia Carlo Nordio, sono arrivati a proporre l’elezione a sorteggio dei membri togati. Ma la politica non ha raccolto l’ipotesi, e ormai pare del tutto incapace di reagire.
In Parlamento oggi giace un modestissimo testo di riforma, presentato nel luglio 2019 dall’ex ministro grillino della Giustizia Alfonso Bonafede. Prevede un sistema elettorale a doppio turno, con quattro preferenze che sembrano ritagliate sulla necessità di garantire spazio e rappresentanza alle quattro correnti esistenti. La proposta pone solo qualche limite alla creazione dei gruppi consiliari e vorrebbe basare sul sorteggio la designazione alle diverse commissioni di cui si compone il Csm. È bastato perché la magistratura si opponesse e bloccasse tutto. Da allora, malgrado si siano avvicendati tre diversi governi con tre diverse maggioranze, sulla materia non è mai iniziata una discussione parlamentare.
La riforma del Csm avrebbe dovuto essere anche il terzo «pilastro» nella riforma della giustizia annunciata dal successore di Bonafede, Marta Cartabia: nel marzo 2021, divenuta Guardasigilli da un mese, aveva chiesto a una commissione di esperti di integrare e migliorare la proposta Bonafede. La commissione aveva suggerito il sistema del «voto singolo trasferibile», che avrebbe permesso al magistrato elettore di esprimere tre preferenze indicando candidati a prescindere dalle liste di appartenenza. Non era certo la fine delle correnti, ma anche quel testo è stato subito accantonato per il «no» della magistratura sindacalizzata.
Negli ultimi mesi il ministero ha messo a punto una nuova proposta, con un sistema maggioritario a preferenza unica suddiviso in sette collegi (uno per la Cassazione, due per i magistrati inquirenti e quattro per i giudicanti), ciascuno dei quali eleggerebbe i due candidati più votati. Respinta dall’Associazione nazionale dei magistrati, la proposta Cartabia non è mai arrivata in Consiglio dei ministri e in dicembre è definitivamente sparita dai radar.
La maledizione del fantasma Csm, ancora una volta, pare agire con diabolica efficacia. Dal 24 gennaio, comunque, ogni attività politica verrà bloccata per l’elezione del nuovo capo dello Stato, e nessuno sa dire per quanti giorni o settimane. Il deputato di Forza Italia Pierluigi Zanettin ricorda, tra l’altro, che «il disegno di riforma del Csm prevede, dopo il via libera del governo, che il Parlamento approvi il decreto delegato entro un anno». Ma questa legislatura potrebbe cadere alla fine delle elezioni per il Quirinale. Il tempo fugge, insomma, e rischia di esaurirsi anche perché l’attuale Csm scadrà in settembre e dovrà essere rinnovato entro luglio. Sullo sfondo, un fantasma corre per il corridoio dei passi perduti. E se la ride.