Matteo Durante
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Quello che ti piace

DIARIO DEI GIORNI DISPARI

27 maggio ’16 – E insomma: per essere così piccola, e minuta, Agnese mia, hai già pieno il sacco di cose che ti piacciono. Lo so perché ci ho fatto la conta, la scorsa notte, mentre il sonno non si faceva trovare. Ti va di dirmi se ho sbagliato qualcosa nell’elenco?

Allora, ti piace:
-    mangiare (tutto, o quasi. La pasta, i ravioli al sugo, il merluzzo, le patate, i cracker,  la provola, i biscotti di tuo fratello, il gelato al cioccolato, il melone, l’insalata verde, i piselli, le zucchine, il pollo, il pane, la pizza, il fondo zuccherato della tazzina del caffè…);
-    mangiare con la forchetta dei grandi;
-    le scarpe;
-    indossare le scarpe di mamma;
-    specchiarti (possibilmente con le scarpe di mamma);
-    giocare con le macchinine di Filippo;
-    fingere di guidare la mia macchina, toccando ogni tasto;
-    ballare (con me, ma anche da sola) e girare su te stessa;
-    impomatarti il visino con le creme di mamma;
-    stare fuori tutto il giorno (fuori nel senso di veranda e fuori nel senso di “a spasso”);
-    farti spingere sull’altalena che il nonno ti ha costruito;
-    correre per casa sfuggendo alle grinfie di tuo fratellosauro;
-    metterti in bocca lo spazzolino e sfregarti le gengive;
-    scarabocchiare i libri con i colori;
-    le canzoni che papà e mamma mettono il sabato mattina;
-    arrampicarti sul divano del salotto e sulle sedie della cucina;
-    dare gli schiaffoni alla gatta (che prima o poi…);
-    fare ginnastica insieme a mamma;
-    strappare i petali delle rose e affondare le mani nella terra dei vasi;
-    parlare (con quella lingua solo tua, in cui mischi alcuni nomi esatti a un ciciuliare un po’ partenopeo e in parte incomprensibile);
-    ridere (forte, se possibile).
Ho dimenticato qualcosa, angelo biondo? Sì. Ho dimenticato di dire che a me piacciono tutte queste cose che piacciono a te. Anche se nella lista ce ne sono poche, secondo i luoghi più comuni (che sarebbe pure ora di non frequentare più), di cose prettamente femminili. Ma queste vanno benissimo. E non solo per ora, credo. Anche se nella lista – a parte ridere (forte, se possibile), mangiare, parlare, segnare i libri con penne e matite –non sono tante, per ora, le cose che hai preso da me, piccolina.

In fondo è giusto così. Magari col tempo cambierai gusti, ma per ora è giusto che tu stia imparando a segnare il territorio. Con le tue preferenze e le tue antipatie. Giusto: e lo penso davvero. Penso che avesse un po’ ragione Gibran, quando 100 anni fa scriveva che i figli non sono di chi li mette al mondo e che puoi dar loro tutto l’amore che hai, ma non potrai dar loro le tue idee. E poi spero, conoscendo la ridda dei miei difetti, che tu (e Filippo pure) saprai fare qualcosa di meglio e di tuo, senza che sia io a farti sbagliare strada. Al di là dei buoni esempi, di qualche consiglio, di qualche regola (con annessi rimbrotti qualora le trasgredissi), mi resta di sperare che tu vada avanti, che sia felice, che trovi qualcosa che ti appassioni e qualcuno da amare. Lo spero. Per amore e per curiosità. O anche solo per ritrovarmi, un giorno, a ricordare insieme a te di quando a 18 mesi ti aggrappavi sulle mie gambe per farti prendere in braccio, poi con la manina mi stringevi il pollice e, dondolandoti, mi invitavi a ballare.
E allora, per quanto saremo diversi, saranno una lacrima e una risata (forte) a farci simili.

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