Rubygate, la logica del prof. Coppi

Il diritto dovrebbe essere logica e un po' di buon senso. Al processo d'appello sul cosiddetto Rubygate, ieri (martedì 15 luglio 2014) l'avvocato Franco Coppi, insieme con Filippo Dinacci difensore dell'imputato Silvio Berlusconi, ha espresso un pensiero di logicità ineccepibile.

Parlava, il professor Coppi, della famosa telefonata alla questura di Milano che, secondo il tribunale di primo grado che ha condannato Berlusconi a 7 anni di reclusione per favoreggiamento della prostituzione minorile e concussione, sarebbe stata fatta al solo scopo di obbligare i funzionari della stessa questura a rilasciare Ruby.

In quell'occasione, l'ex premier aveva raccontato agli interlocutori, soprattutto al capo di gabinetto Piero Ostuni (il quale peraltro ha sempre negato di essere stato intimidito o costretto a fare alcunché), che Ruby gli risultava essere nipote di Hosni Mubarak, il dttatore egiziano, e che il suo fermo avrebbe potuto creare un grave incidente diplomatico.

Coppi, ieri, ha ragionato con logica e buon senso: Berlusconi credeva davvero all'ipotesi della parentela con Mubarak. E soprattutto quella storia, raccontata e ri-raccontata, è la prova che non ci fu alcuna minaccia nei confronti dei dirigenti della questura. «Se fosse vero che Berlusconi si inventò la parentela, vuol dire che faceva così poco affidamento sulla propria autorevolezza da dover ricorrere a una bugia. E questa sarebbe la concussione, la costrizione?».

Ora la Corte d'appello si riunirà il 18 luglio, venerdì. La sentenza è attesa per il giorno stesso. Vedremo se logica e buon senso agiranno. Come devono e dovrebbero sempre agire nei tribunali...

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