Penguin Books-Random House, alleanza con l'X-Factor

Sarà RandomPenguin o PenguinHouse? Gli hashtag lanciati su Twitter dopo la notizia della probabile fusione fra i due colossi Random House e Penguin Books si esercitano già sul nuovo marchio: l'operazione è stata confermata questa mattina e porta alla nascita del primo gruppo editoriale del mondo in lingua inglese. Un colosso da 2,5 miliardi di dollari (è la somma dei due fatturati). E non solo. Perché il terremoto, visti i soggetti coinvolti, potrebbe fare sentire i suoi effetti oltre i territori del libro, toccando anche tv e giornali. Se due delle big six si mettono insieme in questo momento, non è azzardato prevedere scenari con nuove, possibili future collaborazioni fra chi le possiede: Penguin è controllata dall’inglese Pearson, Random House dalla tedesca Bertelsmann.

I fili da tessere nel mercato dei media, investito dal terremoto digitale e dai successivi movimenti di assestamento, sono numerosi. Partiamo dai libri. Nella scuderia di RandomPenguin (o PenguinHouse?) si ritroverebbero John Grisham, Dan Brown, Tom Clancy, Patricia Cornwell, Ken Follett. Ce n’è abbastanza di frequentatori abituali delle classifiche del New York Times? No, allora ricordiamo anche la paciosa signora EL James, autrice delle clamorose ‘50 sfumature di grigio , best seller 2012 con oltre 30 milioni di copie, e la cognata reale Pippa Middleton, che ha appena pubblicato con Penguin il suo manuale per l’organizzazione di party, ‘Celebration’. Un patrimonio di star e di ricavi da difendere dall’assalto dei conquistadores Amazon, Apple, Google.

Un solo dato per intendersi: solo in Gran Bretagna Amazon ha già una quota di mercato del 40%. E continua a spingere: per la prima volta dal 2003 il supermarket digitale nel terzo trimestre di quest’anno ha chiuso i conti in rosso, ma solo perché investe, acquisisce e cresce, togliendo terreno agli editori tradizionali sul terreno più prezioso: la distribuzione. Molti analisti ormai vedono un mondo in cui Apple, Amazon, Google saranno presto l’equivalente di Time Warner, News Corp e Walt Disney. I nuovi big dei media e dell’intrattenimento non puntano a controllare solo la tecnologia e i contenuti ma anche la distribuzione.

Mettersi insieme è la mossa più normale per chi adesso è ancora leader: è già accaduto nell’industria musicale dopo l’avvento dell’Mp3 e l’affermarsi del primo venditore del mondo, cioè Apple. Il consolidamento del mercato porta a una riduzione del numero dei protagonisti in un processo di concentrazione che oggi vede solo sei gruppi controllare il 90% di quello che si legge, si ascolta e si vede negli Stati Uniti, secondo i calcoli fatti recentemenre dalla rivista FastCompany.

Non è quindi solo questione di libri. Pearson è leader mondiale nel settore della scolastica, ma è anche editore del Financial Times, la bibbia della City londinese letta ovunque da chiunque faccia business, che a sua volta detiene il 50% dell’Economist, il newsmagazine più autorevole del mondo, dove vende circa 1 milione di copie la settimana. Bertelssman da parte sua è il primo editore di periodici in Europa ma anche editore e produttore televisivo di livello internazionale.

Qualche nome per andare oltre le sigle: sono sue riviste come il celebrity magazine Gala, Stern, la “stella” del giornalismo tedesco, il femminile Brigitte, il mensile di ambiente e viaggi Geo. Nata nella prima metà dell’800 per pubblicare gli inni religiosi e libri a sostegno del movimento protestante Grande Risveglio, oggi Bertelssman non disdegna la pop tv: attraverso RTL (RadioTeleLussemburgo) Group (52 canali tv, 29 stazioni radiofoniche) possiede tra l’altro Fremantle Media, il secondo produttore televisivo europeo dopo Endemol, che i ha nel suo portafoglio programmi come X-Factor e The Apprentice e, in Italia, Un posto al sole e La nuova squadra.

Un dettaglio vale la pena ricordare in questo momento: RTL Group nacque nel 2000 dalla fusione della lussemburghese CLT-UFA (di Bertelsmann) e della Pearson Tv. Ma oggi oltre il 90% è in mano alla multinazionale tedesca, il resto sul mercato. L’alleanza con gli inglesi quindi una prima volta non ha funzionato. Adesso si riprova partendo dai libri. Le altre big stanno a guardare. Che cosa faranno la Harper&Collins di Rupert Murdoch, che è padrone di Sky? O Simon&Schuster, controllata dalla rete televisiva Cbs? Come si vede, non è proprio soltanto questione di libri.

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