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I pugni 'mozzati' del Pd

Il pugno mozzato invece del pugno chiuso. Il nuovo simbolo della sinistra. Una sinistra democratica trinariciuta e (post)comunista con un cuore rosso grande così che batte forte e fa scattare nei momenti di felicità il braccio e il pugno vecchia maniera. Solo che per vincere le elezioni e conquistare il Palazzo, quel pugno andrebbe nascosto, censurato. Anche amputato.

Aprite il sito www.bersani2013.it e, a meno che la foto non sia stata già opportunamente rimossa, ritoccata o anche ripristinata nella imbarazzante versione larga originale, con alcuni browser vedrete Pier Luigi Bersani abbracciato ai tre giovani-immagine a capo del Comitato Bersani per le primarie del centrosinistra – il coordinatore Roberto Speranza (scelto per l’età e forse per il cognome), il coordinatore dei giovani Tommaso Giuntella, e la portavoce Alessandra Moretti. Tutte le braccia libere sono alzate ma dalla foto pubblicata sul sito del Comitato non vedrete i pugni. I quattro si trovano sul palco del Teatro Capranica a Roma, esultano per la vittoria “proletaria” e lo fanno davanti alla loro gente, senza quindi le remore di opportunità politica che impongono di mostrare una faccia meno militante, meno retrò. Lo fanno come ai tempi di Togliatti e Berlinguer. Come ai tempi del Muro e del ’68. Come ai tempi dei Gulag e del terzomondismo anti-americano. Lo fanno da comunisti. Ma il pugno no, non lo vedrete.

Tranne il leader al centro, che ha 61 anni e dei quattro è l’unico ad aver avuto una lunga storia nel PCI, sono giovani (non troppo) che sventolano borghesemente le mani a fazzoletto per salutare i militanti; forse qualcuno (vi direte) fa il segno della vittoria con le dita a “V”. O magari distende calcisticamente l’indice per sottolineare il goal del trionfo su Matteo Renzi al ballottaggio, o il medio, chissà, per sfregio agli avversari e i portamale. E invece no. La foto larga la vedete su siti e giornali, e sono tre bei pugni chiusi stretti con la “cattiveria” beffarda della militanza anni ’70. L’orgoglio comunista, insomma.

L’imbarazzo era già evidente oggi nelle giustificazioni mal concesse per esempio al “Corriere della Sera” dai tre giovani comunisti: “Non dovete dargli assolutamente una connotazione politica”. La Moretti però, dopo aver detto che “non c’era niente di comunista in quel mio pugno chiuso, ha un sussulto di fierezza partigiana: “No, dico: non è mica che poi la parola comunista mi spaventi, eh?”.

Ma allora perché quel pugno mozzato nella foto larga sul sito ufficiale di Bersani? O non c’era nulla di comunista, e allora perché tagliarlo, o la rivendicazione della storia comunista non deve far paura, e allora perché tagliarlo. Il senso è che dietro l’amputazione c’è una terribile ipocrisia. La menzogna sulle proprie vere idee e l’imbarazzo di esprimerle apertamente.

PS: Un’ultima notazione. Sul sito del Partito Democratico la foto c’è, piccola e completa, solo per giustificarla affogandola in mezzo ad altre foto di personaggi celebri che salutano o esultano col pugno chiuso e non sono comunisti. “A volte, checché se ne dica, un pugno alzato significa semplicemente un saluto, un incitamento o una vittoria”, si legge. Solo che la pezza è peggiore del buco. Perché dimostra ignoranza. Tra tanti innocui e spesso involontari pugni chiusi (ovviamente non mozzati) ce n’è uno che non è “semplicemente” un gesto di vittoria. È il pugno chiuso di Tommie Smith e John Carlos, primo e terzo sul podio dei 200 metri alle Olimpiadi di Città del Messico (16 ottobre 1968). Quei loro pugni guantati di nero alzati al cielo sono l’affermazione del Black Power e della difesa dei diritti umani davanti al mondo intero. E per quel trasgressivo gesto “politico”, Smith e Carlos furono sospesi dalla nazionale statunitense ed espulsi dal Villaggio Olimpico. Ragazzi, almeno studiate la storia!

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