Padoan, l'Ecofin e la lunga partita per la flessibilità

Al primo Econfin (riunione dei ministri finanziari dell’Eurozona) il capo dell’Economia italiano, Piercarlo Padoan arriva con in mente già una dichiarazione che non farà piacere alla Bundesbank. Dopo alle critiche (in realtà piuttosto amplificate da una traduzione non letterale) del responsabile della banca centrale tedesca Jens Weidmann al discorso di inaugurazione del semestre europeo a guida italiana di Matteo Renzi, Padoan, entrano nella riunione, ha detto che “Weidmann non è un membro del governo tedesco, con il governo tedesco siamo sulla stessa linea, c’è pieno accordo che il modo per aumentare la crescita in Europa, qualcosa di cui tutti hanno bisogno inclusa la Germania, è attraverso le riforme strutturali”.

Padoan, nell’incontro che inizia oggi, in sostanza inizierà a percorrere la lunga strada delle trattative in sede Ue che dovrebbero portare, nelle intenzioni del governo italiano, al via libera ad un “surplus” di flessibilità sui conti pubblici oltre a quella già contenuta nei trattati europei. Lo scopo? Quello, ad esempio, di scorporare le spese per investimenti dal calcolo del deficit oppure, ma l’obiettivo sembra impossibile da raggiungere, creare titoli di debito comuni a tutta Europa, i famosi Eurobond, da vendere sul mercato per reperire risorse per fare nuovi investimenti. Ipotesi che la Germania respinge da quando è stato introdotto l’euro. Sullo sfondo anche la decisione, ancora sospesa, di concedere all'Italia un anno in più per raggiungere il pareggio strutturale di bilancio.

Sempre Padoan ha aggiunto che “il mio obiettivo, come presidente dell’Ecofin (carica che manterrà fino a dicembre, ndr) è di aiutare tutti i Paesi a trovare incentivi e spinta per le riforme” a partire, sottinteso, dall’Italia. In cambio di riforme, insomma, il nostro Paese chiede una maggiore flessibilità nel calcolo delle spese ed è stato proprio su questo punto che il capogruppo dei popolari al Parlamento Europeo, Manfred Weber, ha criticato Renzi il giorno dell'inaugurazione del semestre italiano chiedendo polemicamente “come facciamo ad essere sicuri che poi le farete davvero le riforme?”. A questo dubbio ha, di fatto, risposto lo stesso Padoan quando, entrando nella riunione, ha detto che è necessario che le regole europee "sostengano esplicitamente gli sforzi per le riforme". Tradotto: se volete che l'Italia faccia le riforme, deve poter aggirare i paletti dei conti che, se rimanessero invalicabili, renderebbero impossibile proprio le riforme.

Il fatto che Weber guidi il gruppo parlamentare che sostiene la candidatura di Jean-Claude Juncker alla guida della commissione e che Juncker abbia ottenuto l'appoggio anche di Renzi, complica ulteriormente le cose. "Mi aspetto - ha concluso il ministro - di cominciare un dialogo molto concreto sul tema della crescita e dell'occupazione: su questo c'è totale accordo, è la priorità numero uno dell'Unione europea". 

A incaricarsi di dimostrare che il lavoro di Padoan (e del governo) sarà durissimo, è stato Jeoren Dijsselbloem, ministro delle Finanze olandese e presidente dell'Eurogruppo, che ha ammesso che l'Italia ha un programma di riforme "molto ambizioso" ma ha aggiunto che "come tutta la Ue aspetto i risultati" perché "la competitività deve migliorare e la crescita economica aumentare, molto lavoro si deve ancora fare".

Il compito di Padoan, insomma, non è affatto facile. Quella che si apre oggi è solo la prima tappa di una trattativa che si annuncia lunghissima e dall’esito molto incerto.

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