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MAURIZIO GAMBARINI/AFP/Getty Images
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Obergrenze, il tetto ai profughi che mette in crisi Angela Merkel

Quando, in tempi non sospetti, Helmut Kohl intraprese la sua ultima sfida elettorale con Gerhard Schrὂrder nel 1988, aveva come slogan elettorale Weltklasse für Deutschland, tradotto: una statura mondiale per la Germania.

Ma perse. La Germania andò alla socialdemocrazia per due mandati, e nacque di fatto l’attuale sistema del welfare tedesco. Tuttavia lo slogan di Kohl torna attuale oggi, dal momento che la sua erede politica, Angela Merkel, si trova a dover gestire il tema migranti, sintetizzato dalla parola chiave della politica tedesca attuale: Obergrenze, tradotto: il tetto al numero di rifugiati che il Paese potrà accogliere.

Taglio netto col passato

Se Merkel al momento sembra stia lavorando al compromesso con i partiti che dovrebbero formare la futura coalizione di governo e che porterà la Germania a limitare l’ingresso massimo di 200 mila rifugiati (emergenze escluse), le trattative sono al momento riservate e il disegno di legge ancora tutto da scrivere. Ma potremo in futuro ancora dire che la Germania è in grado, politicamente, di accogliere i quasi 900 mila rifugiati giunti nel 2015 e le quasi 750 mila domande di asilo?

Come Merkel ha capito bene, dimostrandosi statista di levatura appunto mondiale, la sfida della globalizzazione che lo slogan della Cdu di Kohl intravedeva all’orizzonte è arrivata puntuale. Quindi il tetto, cioè il limite non superabile che gli alleati della Merkel reclamano, rischia di trasformarsi in un scontro politico tra miopia e visione generale.

In altre parole, di quale condizionamento sono capaci i partiti minori come la Csu, il partito di centro bavarese considerato omologo della Cdu, che vogliono arginare il consenso crescente di Afd e puntano tutto sull’inasprimento delle regole in tema accoglienza? E ancora: i Verdi, necessari a formare una maggioranza stabile, cederanno però su un punto così dirimente?

Una degna visione

Tanto per ragioni storiche legate al tema del diverso e dell’autoritarismo, quanto per capacità nel gestire le sfide del mondo contemporaneo, Merkel sa bene come la Germania attuale non possa permettersi “chiusure” e al contrario debba dimostrare – ma d’altronde lo dice la sua storia recente alla luce del contributo decisivo dell’immigrazione turca, ad esempio, nella seconda metà del Novecento – una capacità di visione degna di una grande potenza economica e culturale.

Un tema delicato, come dimostrano le ultime scelte di un Macron, ad esempio, che per salvare le frontiere francesi rischia di far volare davvero a bassa quota il rilancio sul palcoscenico mondiale della Grand Nation.

La  sfida sull’Obergrenze è molto più di un confronto numerico sul numero di richiedenti asilo: è la linea rossa che sancirà se la Germania del quarto mandato Merkel sarà un Paese protagonista dei processi globali oppure li subirà, come quelle nazioni senza una visione politica e umanistica di alto profilo.

Quando Donald Trump – sappiamo tutti che l’America è per definizione terra di migranti, WASP ( white, Anglo-Saxon Protestant) compresi – incontra Angela Merkel e difende la chiusura dei confini negandole una stretta di mano, la differenza tra statisti di caratura mondiale e apprendisti appare in tutta la sua evidenza. E pericolosità.

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