ANSA/ GIUSEPPE LAMI
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Non tiene il "patto della Consulta"

Secondo i capigruppo del Pd e di FI, alla Camera, Roberto Speranza e Renato Brunetta, ancora «uno sforzo» e vedremo  insediati alla Consulta Donato Bruno (neocandidato azzurro, dopo il ritiro di Antonio Catricalà) e Luciano Violante, che era e resta il candidato del Pd.

Ma è un fatto che il «patto» della Consulta anche nella seduta di lunedì 15 settembre, la prima dopo il patatrac della scorsa settimana, che ha portato al ritiro di FI, e all’impallinamento di Violante da parte di franchi tiratori, secondi i maligni, anche del suo stesso partito, decolla a fatica.

Certo ora ci si è avvicinati molto di più al quorum previsto che è di 570 voti (530 per Bruno, 529 per Violante). Ad entrambi però manca quella fatidica quarantina di voti che non può essere giustificata solo dalle oltre cento assenze di parlamentari, a causa di disguidi e ritardi di aerei o treni per il rientro del lunedì. 

Essendo nettamente maggiore il numero di deputati e senatori del Pd (408) rispetto a quelli di Forza Italia, è ovvio pensare che a Violante è venuta meno parte dei voti azzurri. Defezioni che si sarebbero sommate a quelle di altre interne al Pd, attribuite all’area civatiana ma in parte anche renziana.

Ma per deputati renziani non si intendono solo quelli doc, ci sarebbero anche ex bersanian-dalemiani convertiti sulla via di Matteo. «Violante è un candidato vecchio che l’éra nuova renziana mal digerisce», spiega un deputato pd. Ma c’è anche una parte di FI che non perdona al presidente della Camera  «il suo passato giustizialista e le tante parti in commedia fino alla fase del garantismo», dice un deputato azzurro.

E così sono successe le cose più strane: c’è qualche parlamentare azzurro che ha votato per Bruno e per Augusto Barbera (costituzionalista di area pd, non candidato, ma ritenuto più superpartes di Violante); ci sono parlamentari del Pd che hanno invece votato Violante e basta e non Bruno. 

In ogni caso l’esito della votazione di lunedì sera rivela la gracilità del «patto» della Consulta con un  candidato pd che secondo i maligni Renzi avrebbe di fatto subito, perché il suo preferito sarebbe Barbera, e con un candidato di Fi, deciso dopo che Catricalà, affossato dalla carica dei «101» azzurra. Domani si replica. Ma fino a quando?


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