La sfida tra Jonathan e Buhari
Il voto di domani si preannuncia pertanto un duello tra i due principali candidati rivali, Jonathan e Buhari: l’uno espressione delle lobby di potere, cristiano e rappresentante del sud che da sempre giova degli introiti derivati dalle ricche esportazioni petrolifere; l’altro candidato di un’opposizione allargata, musulmano e forte del sostegno del nord povero e abbandonato dal governo centrale di Abuja. Resta da verificare il recente annuncio di una possibile squalifica di Muhammadu Buhari che potrebbe giungere nel post-elezioni. L’accusa nei suoi confronti è di aver falsificato documenti per la deposizione della sua candidatura. Ma la sentenza sulla validità della sua candidatura è stata rimandata a metà aprile.
La partecipazione delle donne
Secondo gli ultimi dati forniti dalla commissione elettorale sono 68.833.476 i nigeriani che potranno recarsi alle urne. Le donne aventi diritto sono 32.718.943 e in generale costituiscono quasi la metà della popolazione. Alle elezioni del 2003 furono due le donne candidate a presidente. Inoltre, sono due i ministri donne nell’attuale governo (Ngozi Okonjo-Iweala alle Finanze e Diezani Alison-Madueke al Petrolio) e altre ricoprono ruoli di vertice in enti molto influenti (ad esempio (Arunma Oteh Headed, a capo della Commissione anti-corruzione).
I problemi della Nigeria
Dunque l’emergenza in questo Paese, spaccato a metà tra il nord a maggioranza musulmana e il sud a maggioranza cristiana, non riguarda tanto l’accesso delle donne alla vita politica e agli incarichi pubblici. Il vero problema rimanda piuttosto alla campagna del terrore del gruppo islamista Boko Haram e all’evidente incapacità del governo centrale di saper garantire sicurezza e stabilità economica alla Nigeria.
In questo scenario domani i nigeriani si recheranno alle urne dopo che il voto, inizialmente previsto per il 14 febbraio, è stato posticipato per garantire l’agibilità dei seggi negli Stati del nord in cui è più capillare la presenza dei miliziani islamisti. Almeno 360mila uomini, tra soldati e agenti di polizia, e 2mila mezzi sono stati dispiegati dal governo. Mentre dal 25 marzo al giorno del voto i confini nazionali resteranno chiusi. Il tragico ricordo delle elezioni del 2011, le più violente nella storia della Nigeria (800 morti in 3 giorni e 65mila sfollati), d’altronde è ancora vivo. E la minaccia di Boko Haram, che proprio il 25 marzo ha compiuto l’ennesimo disumano sequestro di massa (oltre 400 persone rapite tra donne e bambini nella città di Damasak e almeno 50 morti) non può che preoccupare la popolazione.
Nonostante siano in pochi in Nigeria ad augurarsi la rielezione di Jonathan, è più probabile che una figura del suo calibro ottenga alla fine i voti necessari per aggiudicarsi un nuovo mandato. A Sonaya, da sempre impegnata in cause giuste, non resterà che la consolazione di aver fatto tutto ciò che le era possibile per dare un futuro diverso a questo Paese.