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Massimo D'Alema e la corrente Berlinguer

"Bersani ha detto che comunque lui voterà con il Pd? E io non sono d’accordo. Io vado avanti, voterò contro se non ci saranno cambiamenti significativi al Jobs Act”. Non lo dice un parlamentare ultrà dell’area di Pippo Civati, ma lo dichiara, nel Transatlantico di Montecitorio a Panorama.itStefano Fassina. Proprio lui, il deputato-economista, ritenuto da sempre la testa d’ariete dell’ex segretario del Pd nelle battaglie contro la "svolta a destra" di Matteo Renzi. Alla domanda sul perché Pier luigi Bersani sia passato di colpo dalle critiche al vetriolo a Renzi (accusato di “metodo Boffo”) alla disciplina di partito (perché lui non segue “le lezioni dei 101”) Fassina sorride e ribadisce: “Se non ci saranno modifiche io voterò contro”.

In realtà, dietro la marcia indietro di Bersani ci sarebbe una notizia che ieri ha fatto capolino su Il Foglio di Giuliano Ferrara. Bersani avrebbe voluto mandare a Renzi un segnale chiaro: io ti contesto, ma non me ne vado. I rumors sul rischio di una scissione si rincorrono da settimane. Ma, come spiega un attento osservatore di cose dalemiane, Massimo D'Alema non intende fare esattamente un partito, "ma strutturare una robusta corrente all’interno del pd". Una corrente, pronta a dare battaglia, che potrebbe organizzarsi attorno all’"Associazione Enrico Berlinguer".

"È stata fondata – spiega – qualche anno fa e potrebbe portare linfa e iniziativa politica all’immenso patrimonio in mano alla Fondazione Ds (presieduta dal dalemiano Ugo Sposetti). Si tratta di centinaia di sezioni, di tantissime case del popolo. Sono come seconde case: se non le abiti vanno in malora”.

Secondo i maligni, forse è anche per rintuzzare questa inziativa che il segretario-premier domenica scorsa in tv a Che tempo che fa di Fabio Fazio ha fatto quell’elogio di Berlinguer. Elogio che è suonato paradossale perchè accompagnato da un duro attacco, post mortem, a Bettino Craxi, liquidato come "la sinistra dell’opportunismo". Solo che Craxi resta finora l’unico leader che riuscì d’imperio a mettere le mani sul mercato del lavoro, tagliando la scala mobile e che i suoi oppositori interni ed esterni per un decennio li "spianò" (le parole che avrebbe usato Renzi dopo la direzione Pd) davvero. Mentre Berlinguer portò la sinistra alla disfatta con il referendum contro il decreto di S. Valentino.

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