Il massaggiatore del (suo) ego

Se non ne avete mai incrociato uno, non siete femmine complete. Almeno uno, una volta nella vita, vi spetta. Rasserenatevi: non siete voi, è proprio lui. Lui: il massaggiatore d'ego.

No, non il vostro. Qui non si tratta di lusinghe, premure e smancerie a voi: l'ego è il suo, sia chiaro. Ed è esigente, famelico e mai satollo. Un narcisismo ipertrofico a caccia – continua – di conferme. Perché lo specchio, anche se incrocia un piacente esemplare di sesso femminile, rimanda – comunque – alla sua immagine.

Per la consueta attitudine muliebre a vivisezionare sé con ipotesi di colpe e attribuzioni di responsabilità, al principio pensavo dipendesse da me. Macché. Voi siete interlocutori ininfluenti. La relazione, lui, ce l'ha con sé. Ed è così metodico da sospettare che sia stato tirato su da una tata prussiana o in un'accademia militare asburgica.

Mi cercava a cicli così regolari che ho iniziato a pensare si muovesse in concertazione con il mese sinodico. Seguendo le fasi lunari. Dodici giorni secchi tra un'intervallo e l'altro. Il tempo di fare il giro dell'intera rubrica. Siccome, però, nutrire l'ego è oneroso, l'aggancio di prassi procedeva via whatsapp.

Mai una chiamata. Sia mai: la vostra voce, all'altro capo del telefono, avrebbe potuto ucciderlo. Naturalmente i suoi messaggi giacciono integri nel mio sconfinato archivio. “A presto”, reca la data del 16 luglio. Millanta un'ipotesi d'incontro “Se vuoi facciamo qualcosa in queste sere”, cui segue un “Sentiamoci”. L'avete più sentito?

Io sì. Due mesi dopo. “Cerchiamo di vederci”, bercia il suo ego. Io rispondo sempre “D'accordo”, senza rimandare, mai, a una data precisa. La mia curiosità di sapere come va a finire prevale, di netto, sull'immensa frantumazione di balle che generano le sue pillole egotiche.

Ciao Paola, ci si vede?”, rilancia quindici giorni dopo. “Certo, come a luglio”, replico. Niente. Alle latitudini ipertrofiche dell'io, l'ironia non è un invitato contemplato. E non dissimilmente dai percorsi autistici, lui insiste, persiste, ed è pertinace nel massaggio del sé.

Un giorno mi sono così latamente rotta le palle che gli ho proditoriamente teso una trappola per liberarmene. “Vengo a prenderti sotto la redazione a quest'ora”, ho decretato con sicumera. Ha funzionato. Mi ha già saltato due fasi lunari. Sono certa che non lo sentirò più.

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