Marzo 1946: la prima volta delle Italiane alle urne

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Il Governo De Gasperi, durante il quale si svolsero le prime elezioni a suffragio universale. A destra, Palmiro Togliatti.
Ansa
Donne e Repubblica. Il binomio legato all'estensione del suffragio alle Italiane nel 1946.
Manifesto elettorale DC per le amministrative del 1946
Manifestazione dell'UDI (Unione delle Donne Italiane) alla vigilia del voto del 1946
Anna Kuliscioff, madrina delle lotte delle donne per la partecipazione alla vita politica italiana.
La coda di uomini e donne ai seggi nel marzo 1946.
Per la prima volta nella storia d'Italia la scheda elettorale entra nell'urna spinta dalla mano delle donne
Al voto in un seggio milanese nel marzo 1946.
Liste elettorali del Comune di Cerreto Sannita (Benevento) del marzo 1946
Liste elettorali del Comune di Bologna siglate dall'allora sindaco Giuseppe Dozza. Sarà primo cittadino della città felsinea per 21 anni.

Quando il sogno di milioni di italiane divenne realtà, il Nord del Paese era ancora sotto l'occupazione nazifascista, e le amministrazioni locali dell'Italia libera sotto gli alleati dell'Amgot.

Il Decreto che stabiliva il diritto di voto alle donne era stato emanato nel gennaio del 1945 dal governo Bonomi, scritto da Togliatti e De Gasperi. Le lotte iniziate quasi un secolo prima e portate avanti da figure come Anna Maria Mozzoni prima e Anna Kuliscioff poi, prendeva forma dall'Italia in macerie. Come la Grande Guerra aveva alimentato il peso del ruolo femminile nella vita politica ed economica italiana, nel 1945 le donne erano ancora più motivate nel richiedere la parità di diritti, vista anche la loro partecipazione al movimento resistenziale. L'ultimo ritocco al decreto avvenne appena prima delle amministrative del marzo 1946, ed include il cosiddetto "elettorato passivo", ossia la possibilità delle donne di essere elette. 

Proprio dalle elezioni comunali si ripartiva. A 20 anni esatti dalle leggi Acerbo del 1926 che avevano istituito la figura del podestà di nomina governativa, si votava in oltre 5.000 comuni italiani. L'affluenza nel periodo marzo-aprile fu alta e le donne superarono gli uomini alle urne. Le votanti, dai 21 anni in su, furono oltre 8 milioni. Le uniche escluse: le prostitute schedate, ossia quelle sorprese ad esercitare al di fuori delle case di tolleranza. 

Dalla prima tornata elettorale del secondo dopoguerra uscirono anche le prime donne elette nelle amministrazionilocali (Gigliola Valandro , Vittoria Marzolo Scimemi, Jolanda Baldassari (Democrazia Cristiana) e Liliana Vasumini Flamigni (PCI).

Un consiglio "estetico" (e pratico) alle donne chiamate alle urne venne nei giorni precedenti le prime elezioni dalle pagine del Corriere della Sera. L'articolo consigliava alle signore votanti di non mettere il rossetto, per non lasciare un segno distintivo nell'atto di chiusura della scheda, allora sigillata con la colla.

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