Maneskin: quando il successo spegne l'invidia

  • Alla fine si sono arresi. Chi? Quelli del girone degli invidiosi, quelli sparavano a caso sui Maneskin, increduli ed anche un po' infastiditi davanti al primo vero trionfo internazionale di una band italiana (con tutto il rispetto per la PFM e i suoi riconoscimenti mondiali negli anni Settanta).

"No quello dei Maneskin non è vero rock, sono solo pallide copie dei grandi del tempo che fu, dureranno poco...", e via di seguito con una serie di giudizi e pregiudizi che in fondo non riuscivano a nascondere il malcelato fastidio per un gruppo che ce l'ha fatta davvero, Erano astiosi molti critici musicali ed anche molti musicisti che per una minuscola porzione della fama di Damiano & co. avrebbero fatto carte false.

Insomma un mix di finti puristi della musica e finti puristi del giornalismo musicale. Disposti magari ad esaltarsi per tutto tranne che per quello che piace davvero. Disposti a dimenticarsi che i Maneskin suonano, che i Maneskin sono ottimi performer, oltre che una delle rarissime realtà rock di questo tempo, emersa trionfalmente in un oceano di cantilene rap e trap artisticamente nulle. Canzoni inutili di presunti artisti che non hanno niente a che vedere con i giganti del genere: Kendrick Lamar, Eminem, Jay-Z, Snoop Dogg, giusto per fare quattro nomi.

Purtroppo per gli invidiosi, i Maneskin non sono una one hit band. Sanremo, l'Eurovision, le ospitate nei più popolari tv show americani, l'apertura del concerto degli Stones a Las Vegas, l'accoglienza del pubblico al festival di Coachella, il tour mondiale, la folla la Circo Massimo di Roma e infine il premio nella categoria miglior video alternativo agli MTV VMA sono nel loro insieme, piaccia o meno, la plastica rappresentazione della realtà. E, volendo, anche un potentissimo estintore per spegnere l'invidia e l'insofferenza di quelli per cui il successo degli altri è un boccone troppo amaro da digerire.

YOU MAY ALSO LIKE