Lo scandalo degli arbitrati ai magistrati

Il divieto è sacrosanto ma, almeno per ora, è sulla carta. L’ha votato la Camera dei deputati ai primi di giugno: in aula, a maggioranza, è passato un emendamento del Pd all’interno del disegno di legge sulla corruzione. Non è detta l’ultima: il testo dovrà passare anche al Senato, si vedrà.

Il tema, comunque, è di quelli che fanno muovere le montagne, e non per nulla scuote polemiche ormai decennali. Perché l’emendamento intende vietare a tutti i magistrati italiani una pratica antica, quella che finora ha consentito a molti di loro di partecipare ai lucrosi arbitrati giudiziali. Ecco il testo: "Ai magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari (…) è vietata, pena la decadenza dagli incarichi, e la nullità degli atti compiuti, la partecipazioni a collegi arbitrali o l’assunzione dell’incarico di arbitro unico".

Che il problema esista, e che sia uno scandalo, è indubbio. Non è giusto che magistrati si occupino (dietro compensi spesso elevati) di vicende legali che inevitabilmente li distraggono dal loro lavoro normale e che in teoria potrebbero anche influire sulla loro obiettività.
Ma a ingigantire il problema, a renderlo una vera questione nazionale, c’è una situazione che è poco definire paradossale: nessuno sa dire nemmeno quanti siano oggi i magistrati che partecipano ad arbitrati. Né quando incassano attraverso i compensi.

Non lo sa nessuno. Non Raffaella Mariani, la deputata del Pd che pure è stata l’autrice insieme ad alcuni colleghi parlamentari dell’emendamento vittorioso; non lo sa il Consiglio superiore della magistratura; non lo sa nemmeno il Dipartimento della funzione pubblica del ministero della Pubblica amministrazione:  "I dati, purtroppo, sono gestiti dalle singole amministrazioni" dice sconsolato Antonio Naddeo, a capo del dipartimento.
C’è una sola certezza positiva: dal 1998 almeno i magistrati ordinari, civili e penali, sono già sottoposti al divieto di partecipare agli arbitrati. "È così" dice a Panorama.it  Vittorio Borraccetti, membro togato del consiglio ed ex procuratore di Venezia:  prima, a stabilirlo, era stata una norma disciplinare del Csmpoi, 14 anni fa, è intervenuta una legge ordinaria". Strano che i parlamentari non se ne siano accorti, e che oggi ripropongano il divieto nell’emendamento.

Resta il fatto che il nuovo divieto, se definitivamente varato, riguarderebbe quasi esclusivamente i magistrati contabili. Ma anche qui la trasparenza è una vera chimera. In teoria, la partecipazione di un giudice a ogni arbitrato dovrebbe essere autorizzata dal Consiglio di stato e rigorosamente (e tempestivamente) segnalata sul sito www.giustizia-amministrativa.it.
Invece, a una lettura delle tabelle pubblicate alla fine di maggio sul sito, si scopre che solamente nel 2011 gli arbitrati affidati a questo tipo di giudici - dal più piccolo Tar  fino al Consiglio di Stato - sono stati 287. Si va da poche centinaia di euro a svariate decine di migliaia. Il valore complessivo dei compensi indicati supera i 2,7 milioni di euro. Esiste però un clamoroso "buco nero" informativo: 66 arbitrati hanno, alla colonna intitolata "compenso" la sigla n.c. che sta per "non comunicato". L’assenza di trasparenza giustifica il sospetto che si tratti delle cifre più elevate.

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