Linda Rottenberg, così aiuto il talento a crescere

da San Francisco

Definisce la sua società «un paradiso per matti», senza voler offendere nessuno: «Pazzo è un complimento» racchiude il motto, la filosofia e il titolo del libro best-seller dell’imprenditrice Linda Rottenberg, radici nella periferia di Boston, tra i 100 innovatori più influenti di questo secolo secondo la rivista Time: «Ci vuole un po’ di follia per immaginare quello che gli altri non vedono. Per pensare un’idea insolita e portarla avanti. Alle mie figlie raccomando sempre di sognare sogni impossibili» racconta a Panorama davanti al grande camino di un hotel di Menlo Park, sobborgo di San Francisco a qualche chilometro dalle titaniche sedi di Google, Apple e Facebook.

Le quattro società italiane sostenute da Endeavor

Lanieri - Riccardo Schiavotto, 31 anni - Simone Maggi, 34 anni - Due ingegneri: Simone di Pavia e Riccardo di Vicenza. Un’intuizione: creare un negozio digitale di abiti e accessori maschili su misura, usando i migliori tessuti italiani. I clienti (da 50 Paesi) prendono le misure da soli, seguendo semplici istruzioni online, e ricevono tutto a casa.

Le quattro società italiane sostenute da Endeavor

Talent Garden - Davide Dattoli, 26 anni - Il nome europeo di riferimento del coworking, degli spazi condivisi dove lavorare lontano dall’ufficio: dopo gli esordi da consulente, Davide decide di aprire il primo sei anni fa nella sua Brescia, l’ultimo a Vienna il mese scorso. In tutto sono 18 in 6 Paesi, dalla Spagna all’Albania.

Le quattro società italiane sostenute da Endeavor

D-Orbit - Luca Rossettini, 41 anni - Ingegnere aerospaziale vicentino con studi in California ed esperienze presso la Nasa, ha fondato una società che sviluppa tecnologie per posizionare i satelliti e rimuoverli in modo efficiente, trasformandosi in una sorta di spazzino interstellare. L’azienda ha sedi anche in Usa e Portogallo.

Le quattro società italiane sostenute da Endeavor

Empatica - Matteo Lai, 35 anni - Origini cagliaritane, studi al Politecnico di Milano, un’azienda con sede a Boston che progetta braccialetti come Embrace in grado di tenere sotto controllo l’attività del sistema nervoso e inviare in tempo reale un allarme agli operatori sanitari se chi lo indossa ha una crisi epilettica.

Modi informali ma decisi, sorriso largo e parole infilate a raffica, Rottenberg è qui in Silicon Valley per rafforzare con altri talenti la già nutrita squadra di Endeavor, l’organizzazione che ha creato nel 1997, 20 anni fa, «quando» sottolinea «sostenere le aziende ricche di potenziale non era ancora una moda»: ne ha reclutate oltre 1.300 in 26 Paesi, da pochi mesi anche in Italia, dove ha aperto una filiale affidando la presidenza del board a Pietro Sella, ceo del gruppo Banca Sella, e individuato le prime quattro idee da supportare. Altre seguiranno a breve.

Chiunque può candidarsi per salire a bordo, ma per essere accolti occorre superare rigide selezioni locali e internazionali, illustrando il proprio modello di business, ragionando su pubblico e mercati di riferimento, delineando prospettive di crescita ed espansione globale: l’ultima fase è un esame in piena regola, con una commissione formata ogni volta da nomi di rilievo. Tra i vari, Reid Hoffman e Oscar Salazar, cofondatori di LinkedIn e Uber. Per passare, serve il consenso unanime dei membri della giuria, altrimenti non si entra.

Chi ce l’ha fatta ha avuto accesso più facile a nuovo capitale, raccogliendo lo scorso anno circa 750 milioni di dollari tra investimenti diretti o indiretti, che si stima raggiungeranno i 2 miliardi nel 2020. Merito di una parola magica: «networking». Una rete di contatti. «Per esempio» spiega Rottenberg «a un’azienda che si occupa di moda presentiamo i nomi di riferimento del settore fashion a New York e così via. Diamo accesso immediato e privilegiato a relazioni che altrimenti non avrebbero mai». «Inoltre» aggiunge «abbiamo momenti di formazione d’eccellenza, inclusi programmi ad hoc presso la School of business di Stanford (una delle più prestigiose università al mondo, ndr)».

Endeavor è una palestra per imprenditori, un circolo privato permeabile «basato sul pilastro della meritocrazia». Che produce frutti: negli ultimi 12 mesi i suoi componenti sono riusciti a fatturare complessivamente più di 8 miliardi di dollari; rispetto ai dati medi della World Bank, le aziende aderenti hanno creato oltre il quintuplo dei posti di lavoro. Il segreto è continuare a scegliere quelle giuste: «Non mi sento una giocatrice d’azzardo che scommette sul talento» afferma l’imprenditrice «piuttosto assomiglio a un cecchino. Non sono un’appassionata di armi, ma direi che il paragone regge: con l’esperienza ho imparato a riconoscere gli obiettivi migliori e a centrarli».

Gli uffici di Endeavor a New York

«Ci vuole un po’ di follia per immaginare quello che gli altri non vedono. Per pensare un’idea insolita e portarla avanti. Alle mie figlie raccomando sempre di sognare sogni impossibili»

Resta da capire cosa ci guadagni la sua organizzazione: innanzitutto una percentuale delle somme investite in caso di «exit», di vendita con profitto di una società del club ad altri gruppi; in generale, vige la logica del «give back»: chi ha ricevuto benefici da Endeavor, è felice di contribuire alla sua crescita con tempo, risorse, supporto ai nuovi arrivati. Un meccanismo che prospera autoalimentandosi, un’orchestra guidata da un direttore donna. Un’eccezione sullo scenario internazionale, almeno per il momento: «Partecipo a moltissime riunioni in cui sono l’unica a non indossare un completo grigio, ma penso che la situazione evolverà. Desiderare un figlio non è un ostacolo all’imprenditoria al femminile: una volta cresciuto, resta parecchio tempo davanti. Le mie gemelle hanno undici anni e mezzo e tanto bisogno di me, quando saranno adolescenti dovrò essere io a cercarle per parlarci».

Dopo un’ora abbondante di intervista, è evidente che determinazione e pensieri brillanti siano state le chiavi del successo di Linda Rottenberg. Un traguardo che, a suo avviso, oggi non è precluso a nessuno: «La metà delle cinquecento compagnie con il più alto tasso di crescita qui negli Stati Uniti» ricorda «hanno iniziato con un capitale inferiore ai 10 mila dollari. Grazie ai social network, alla raccolta di fondi su internet, è facilissimo mettere alla prova il valore di un progetto, capire se ha potenziale oppure no. Le migliori idee non vengono ammazzate dal mercato, ma nelle docce dove le persone le pensano e poi le abbandonano, senza avere il coraggio di portarle avanti. La sfida più grande non è convincere i genitori, gli amici, i finanziatori, ma sé stessi». La vera pazzia? Non provarci nemmeno.

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