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Le sparate di Mister 3%

Le sparate di Mister 3%

L’editoriale del direttore Maurizio Belpietro su Matteo Renzi, un Rottamatore che si è autorottamato.


Abituato a scrutare i volti del potere da lontano, con l’aiuto di un cannocchiale che gli consentiva di scoprire le smorfie dei politici meglio di chi li aveva davanti, Giampaolo Pansa lo soprannominò il Bullo. Credo che il nome lo avesse scelto per quella sua aria strafottente, di giovanotto sempre pronto a minacciare sfracelli e anche ad attaccare briga con chiunque. I compagni di liceo, invece, gli avevano dato per soprannome «il Bomba» perché, raccontano, da studente era abituato a spararla sempre grossa, esagerando i fatti e ingigantendo il suo ruolo: un modo, dicono, per vincere la timidezza. Adesso che sono passati anni e siamo abituati a vederlo ogni giorno in tv, forse il modo più appropriato di chiamarlo sarebbe Mister 3 per cento, perché questa è la soglia che gli attribuiscono gli esperti del settore, quei tizi abituati a misurare le intenzioni di voto degli italiani.

La cosa che colpisce è che con quel 3 per cento Matteo Renzi, esattamente come quando andava al liceo e come ai tempi del suo debutto in politica, quando Pansa lo ribattezzò il Bullo, continua a fare il gradasso. Pur essendo ai minimi della sua carriera, il fondatore di Italia viva si comporta come se fosse ai massimi. Sentendosi una specie di presidente del Consiglio, convoca conferenze stampa per annunciare piani di rilancio del Paese con investimenti da 120 miliardi: una manovra choc che il giorno dopo si scontra però con il proposito fatto trapelare sui giornali di un’uscita dalla maggioranza per passare all’opposizione.

Non basta a conquistare il titolo d’apertura del tg della sera e neppure quello del quotidiano del mattino? Beh, il giorno dopo il Bomba fa sapere di essere pronto a far cadere il governo, escludendo però di voler andare a elezioni anticipate. Nemmeno questo è sufficiente a scuotere le redazioni e l’opinione pubblica? Ecco allora spuntare la proposta di sfiduciare il ministro della Giustizia che non si rassegna a lasciare in vigore la prescrizione, ovvero l’estinzione del reato se entro un certo numero di anni il tribunale non è riuscito a emettere una sentenza definitiva. Però, precisa il Bullo, l’arma nucleare lanciata contro il Guardasigilli è un ordigno intelligente, cioé selettivo, destinato a colpire solo Alfonso Bonafede e nessun altro. Tradotto, significa che se anche dovesse ottenere i voti e costringere il capo delegazione dei Cinque stelle alle dimissioni, la sua caduta non travolgerebbe in alcun modo il governo, che potrebbe continuare a fare quello che fa, cioè poco e nulla, salvo evitare lo scioglimento delle Camere.

Qualcuno ha chiamato la tecnica del Bomba la strategia dello «stop and go». Un giorno si ferma, il giorno dopo va all’attacco, ossia una specie di guerriglia per disorientare il nemico. Non sono esperto in tattica militare e nemmeno ho studiato le strategie dei Viet cong e di tutti quei movimenti che sono costretti a nascondersi nella giungla per poi attaccare all’improvviso come i terroristi. Noto però una cosa: ossia che più si agita e più Renzi sprofonda nelle sabbie mobili della politica. Quando fondò il suo partito, annunciò trionfalmente che il suo non sarebbe stato un partitino del 5 per cento. L’obiettivo dichiarato era lo svuotamento del Pd, per lasciare a Nicola Zingaretti solo i nostalgici della falce e martello.

A cinque mesi dall’uscita trionfale dal gruppo che aveva scalato fino a diventarne segretario e da lì conquistare Palazzo Chigi, Renzi sta abbondantemente sotto il livello che lui stesso si era prefisso. Lui ride e convoca i suoi per cene a base di pasta all’arrabbiata, ma più digrigna i denti e meno fa paura. Non so come finirà la legislatura e nemmeno che cosa farà Renzi, se sceglierà di ritirare la sua delegazione al governo, cioè due ministre, lasciando però a Conte un numero sufficiente di senatori per continuare la legislatura, oppure no. Nel primo caso potrà dire di essere orgogliosamente all’opposizione pur avendo ancora un piede nella maggioranza tramite gli amici. Nel secondo dovrà accendere un cero sperando che la sua uscita sia rimpiazzata da altri responsabili che evitino le elezioni.

In ogni modo l’epilogo delle machiavelliche manovre fra qualche anno sarà da studiare. Mai infatti un leader che aveva ottenuto il 40% è riuscito a suicidarsi tanto in fretta. Su di lui si potranno scrivere libri di psicologia e psichiatria dedicati non alla conquista della leadership, ma alla sua perdita. Nella lista del gradimento dei politici, ormai da tempo lui figura sempre all’ultimo posto, dopo Silvio Berlusconi che pure ha dominato per 25 anni, e dopo Beppe Grillo. Piuttosto che farsi guidare da lui, gli italiani sarebbero disposti perfino a scegliere il cameriere di Luigi Di Maio. Sì, il Bomba in soli cinque anni si è fatto esplodere come un kamikaze. Caso unico nella storia della politica di un Rottamatore che si è autorottamato.

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