Le più belle insegne d'Italia raccolte in un libro

James Clough
A Palermo, l’insegna nei pressi del mercato della Vucciria indica, in dialetto, un macellaio
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L’insegna del ristorante, al Calmiere, in Piazza San Zeno
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Scritta murale d’epoca fascista, a Dannas, Aosta
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È in stile “art déco” l’insegna di questo cinema a Manfredonia, in Puglia.
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La scritta liberty “El Dorado”, sul palazzo Modò di Acireale, risale al 1909: allora l’edificio del Seicento diventò un teatro.
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La scritta dorata e in lettere egiziane per una Farmacia di Arezzo.
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L’insegna di un negozio di fotografie, a Venezia
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L’insegna di un negozio di abbigliamento a Trieste.
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L’insegna di un negozio di biciclette in via Molino delle Armi, a Milano. Il design delle lettere imita parti della bicicletta
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L’insegna di una latteria, in via Salvini a Milano
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L’entrata di una pescheria, in Corso Colombo a Sestri Levante
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Una delle scritte, in caratteri d’ispirazione romano classica, sul Palazzo della Civiltà Italiana, all’Eur a Roma (1942)
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La targa ovale della Repubblica Italiana, sopra l’ingresso di molte scuole italiane.
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L’insegna di una calzoleria in via Orsini, a Milano
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Il tombino di una vecchia compagnia telefonica, a Milano.
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La targa toponomastica di una via nel centro di Roma

Ci sono quelle che richiamano un mondo lontano ("Fiaschetteria", "Latteria"). Quelle che hanno preceduto di parecchi decenni le multisale ("Cinema Impero"). E ancora, scritte in metallo, marmo, plexiglass - incise o a rilievo - di alberghi, vendita bici, pescherie, come quelle di strade e persino di tombini.

È 30 anni che lo studioso inglese di calligrafia James Clough gira l'Italia e ha raccolto un archivio di immagini con decine di migliaia di insegne. Ora pubblica il libro "Italia Insegna.Viaggio fra scritte, targhe e iscrizioni dello Stivale" (Lazy Dog edizioni, € 49,90), che ne raccoglie oltre 300 e racconta il paese da un punto di vista originale, un'espressione laterale, ma affascinante del gusto Made in Italy.

"L'Italia è molto più ricca e inventiva del Regno Unito nelle sue insegne. Non c'è stata una tendenza all'uniformità come quella inglese. È per questo che, ad esempio, lo stile liberty ha avuto tanto successo con bellissime rielaborazioni".

Nel libro colpiscono le insegne delle farmacie. "In assoluto sono quelle più creative", aggiunge Clough. "In alcune, addirittura, si utilizzava per le lettere la foglia d'oro su fondo nero. I farmacisti erano senz'altro tra i commercianti più benestanti. E lo mettevano ben in vista sopra le loro botteghe".

Un capitolo a parte è dedicato dallo studioso alle scritte celebrative d'epoca fascista. Ci sono le iscrizioni nel marmo o ricavate con mosaici, come quelle dell'Eur, a Roma, o al Foro Italico.

Ma ancora più interessanti sono quelle che Clough chiama le "scritte fantasma": reperti storici che sopravvivono in qualche borgo di provincia o, invece, nonostante le mani di vernice che le hanno coperte per decenni, riaffiorano su alcuni muri. "Sono come scheletri che si affacciano da un armadio: un po' rimossi dalla storia. Al di là del contenuto, da un punto di vista grafico sotto il regime c'è stata un'eccezionale fioritura creativa, com'è avvenuto per l'architettura razionalista".

Oggi si usano scritte standardizzate, risultato di tecniche industriali. Ma esempi grafici innovativi si trovano ancora nei cartelli per bar e ristoranti o piccoli negozi "bio". Clough ha censito poi due rarissimi pittori di insegne, veri artisti del decoro a mano, a Roma e Genova. "Una delle mia scritte preferite", conclude lo studioso, "è in via di Ripetta, a Roma. Questo ristorante di pesce, dove l'insegna 'mare' è formata da piccole creste di onde: non indica soltanto, ma fa sognare".

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