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October 05 2012
Karl Kraus, il grande autore satirico austriaco, diceva "Il giornalista è uno che, dopo, sapeva tutto prima". Questo aforisma è perfetto per spiegare il caso dello scandalo Regione Lazio e i fiumi di inchiostro versati in questi giorni. In molti si sono, a buon diritto, chiesti: ma dov'erano i colleghi giornalisti che per anni hanno raccontato le vicende della Pisana (il palazzo dove ha sede la Regione Lazio ndr)? Come mai non si sono accorti di nulla e non hanno mai avuto la curiosità di spulciare i bilanci della Regione?
Eppure, da quanto emerge dall inchiesta tutto era scritto nero su bianco, bastava solo andare a leggere le carte e riportare. C'è voluto invece il solito intervento della magistratura e la guerra civile all'interno del Pdl per far scoppiare il caso, non certo un'inchiesta giornalistica vecchio stile. Spesso, ma questo forse non è il caso dei colleghi che hanno raccontato in questi anni la politica della regione Lazio, c'è un rapporto perverso tra il politico e il giornalista. Innumerevoli volte mi è capitato di testare questo morboso rapporto ad esempio con i viaggi organizzati dalla Regione Lombardia. Ricordo, perché ne sono un testimone diretto, di simpatiche trasferte all' estero promosse dalla Regione guidata da Formigoni con codazzo di giornalisti al seguito. Viaggi in Australia, America (io stesso seguii la delegazione della Regione Lombardia al "Columbus Day" di New York oramai 10 anni fa) , Giappone ecc... tutto per raccontare le res gestae del Governatore. Cose importanti, per carità, ma forse non indispensabili.
Altro caso clamoroso di rapporto malato politica/giornalismo è quello che riguarda i soldi che i partiti destinano alla cosiddetta "comunicazione istituzionale". Il caso più recente riguarda la Regione Emilia Romagna e investe anche il movimento 5 stelle di Beppe Grillo. Qualche mese fa, infatti, scoppia lo scandalo: per una ora di diretta tv i consiglieri grillini pagavano un tariffario da 200 a 500 euro. Tutto regolare, tutto fatturato, tutto alla luce del sole, nulla quaestio, ma è chiaro che in questo modo si crea un rapporto malato o poco sano tra la tv che ospita la tribuna politica pagata e il politico di turno.
“In questo modo riusciamo ad arrivare a quella fascia di popolazione che non ha dimestichezza con la rete – si giustifica Favia – E comunque è tutto fatto nella massima trasparenza, rendicontato e pubblicato online sulle nostre pagine web”.
Insomma quando c'è di mezzo denaro, politica e informazione qualche piccolo dubbio salta sempre fuori. E noi giornalisti, sicuramente appartenenti ad una casta meno potente di quella dei politici ma pur sempre casta, siamo bravissimi ad indignarci per l'ingiusto provvedimento del carcere nei confronti di Sallusti ma poco avvezzi a fare autocritica sul nostro modo di fare la professione. Che cosa diremmo se per caso un giornalista economico fosse anche consulente di un fondo di investimento? Sicuramente la cosa desterebbe scandalo e qualche sanzione, nulla invece si dice di quei giornalisti che fanno da consulenti nelle società pubbliche e flirtano con il potere politico.
Affamare la bestia, mettere maggiori controlli anche sui soldi che vengono investiti nella cosiddetta "comunicazione istituzionale" sarebbe una delle prime cose da fare.
Infatti, nello scandalo della Regione Lazio, c'è ancora da scoperchiare il flusso di denaro che in questi anni e' finito nelle tasche di molte televisioni e giornali locali per promuovere eventi di interesse forse modesto. Certo, la sagra della porchetta di Ariccia serve a valorizzare il territorio Laziale, forse però se la politica non ci mettesse un euro sarebbe cosa buona e giusta.