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La conversione di Roberto Benigni

Prima ci sono stati il «Pap'occhio» e «Wojtylaccio» e la Chiesa mise all'indice Roberto Benigni. L'attore toscano sembrava fedele alla più genuina tradizione toscana anticlericale e dissacrante.
Poi ci sono stati Dante e i Dieci Comandamenti: guardati con rispetto, interesse ma anche circospezione da alcuni uomini di Chiesa, soprattutto nelle istituzioni.
Alla fine è arrivato Bergoglio e Benigni sembra essersi convertito. Lo show di ieri alla presentazione del libro intervista del Papa con Andrea Tornielli, «Il nome di Dio è misericordia» (Piemme), con vescovi e cardinali ad applaudirlo segna l'inizio di una nuova era nel percorso umano oltre che artistico del premio Oscar. Anche per gli uomini di Chiesa che un tempo lo criticavano e oggi lo applaudiscono.
Benigni però non ha risparmiato le stoccate come quando ha detto che il «il Papa sta tirando tutta la Chiesa verso il cristianesimo». Ma vescovi e cardinali presenti hanno fatto «buon viso a cattivo gioco».
Ma accanto al Bergoglio «rivoluzionario», al Papa dei poveri, c'è anche il Francesco difensore della dottrina e della morale, il gesuita inflessibile su certi principi, come lo sono stati Ratzinger e Wojtyla. Piacerà anche questo a Benigni?
Il rischio è quello che è emerso nel corso di questi quasi tre anni di pontificato nell'opinione pubblica e nei media: Papa sì, Chiesa no. Un apprezzamento che Francesco certo non condivide.

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