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Italicum: l'arma della minoranza PD contro Renzi

All'ombra delle comunali, in vista del voto spartiacque del referendum costituzionale, si respira già aria di congresso dentro il Partito democratico. Tanto che l'ex premier Enrico Letta, accreditato nei rumors interni come sfidante in grado di compattare il fronte anti-Renzi, interviene a frenare: "Non voglio farmi trascinare nelle vicende congressuali".

La minoranza non ha alcun intento di sabotare o "alzare asticelle", assicura intanto Pier Luigi Bersani: lavora per evitare che la battaglia referendaria porti "una drammatica spaccatura nel campo democratico".

La richiesta - di Bersani come di Letta - è ricompattare il Pd aprendo a modifiche all'Italicum. Ma la risposta è un secco "no": "Non ci sono le condizioni", dice il vicesegretario Lorenzo Guerini.

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La partita in realtà si gioca su molteplici fronti. L'Italicum ma soprattutto la riforma costituzionale con il referendum di ottobre.

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La richiesta della minoranza dem di rivedere la legge elettorale sembra quasi un do ut des in previsione del referendum di ottobre dove il premier si gioca il suo futuro politico.

Matteo Renzi, impegnato nel G7 in Giappone, si rivoge alla minoranza interna al suo partito: "C'è un tempo per i reciproci scontri e un tempo per aiutare il Paese a crescere", sottolinea, ricordando i "risultati positivi" raggiunti anche grazie alle riforme. Tra l'altro, il premier prova a smontare una delle critiche più ricorrenti alla sua riforma, che è quella - spiega Gustavo Zagrebelsky, illustre sostenitore del "No" - di uno "svuotamento della democrazia a vantaggio delle oligarchie".

"La riforma - spiega Renzi - non dà alcun potere in più a presidente del Consiglio e governo, men che meno di sciogliere le camere: aumenta i poteri dell'opposizione e dei cittadini".

Il no di Cuperlo e le condizioni di Bersani
Ma l'argomento non convince la minoranza Pd. Gianni Cuperlo, che in serata viene ricevuto dal presidente Sergio Mattarella, ribadisce l'invito a non usare il referendum come una "sciabola per dividere il Paese".

E Pier Luigi Bersani ribadisce tre richieste per "evitare una drammatica spaccatura": abbandonare i "toni aggressivi e divisivi", presentare fin d'ora una legge elettorale per l'elezione diretta dei futuri senatori e dare la disponibilità a "rivedere l'Italicum".

Ma sull'ultimo punto arriva il no unanime dei vicesegretari Lorenzo Guerini e Debora Serracchiani. "È sbagliato ricominciare d'accapo", dice anche il presidente Matteo Orfini. E Dario Franceschini scuote la testa di fronte alle critiche della minoranza Dem e alla possibilità che alcuni possano smarcarsi e votare no: "Mi fa tanta tristezza chi dopo aver chiesto per anni la riforma, per ragioni personali e di lotta politica, è diventato contrario".

La convinzione dei renziani è che la minoranza Pd, pur schierandosi formalmente per il "si'' al referendum, miri a condurre una campagna mascherata per il no, con continui attacchi e critiche. Un'operazione di sabotaggio che (puntando a brandire anche un eventuale risultato negativo alle comunali) guarderebbe al congresso del 2017.

Il ruolo di Enrico Letta
In questa chiave viene considerato "plausibile", in ambienti della maggioranza Pd, lo schema che vedrebbe Roberto Speranza candidato alla segreteria in ticket con Enrico Letta per la premiership. Ma da un lato la sinistra Dem, dall'altro l'ex premier respingono questa lettura.

Impegnato in Asia nella sua veste di rettore della facolta' parigina di Sciences Po, Letta ribadisce di essere concentrato sul suo "impegno internazionale" e non voler essere "trascinato" nelle dinamiche congressuali. L'ex premier conferma l'allarme per il rischio che il referendum diventi "una corrida" e, pur avendo gia' annunciato il suo si' alla riforma, resta convinto che sia necessario cambiare l'Italicum. Ma questo non vuol dire, spiegano i suoi, scendere nella 'contesa' politica tutta interna al Pd: l'ex premier si sta ritagliando per il futuro un profilo piu' 'istituzionale' e internazionale.

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