Italia campione d'Europa

Ore 23,54 l'Italia è campione d'Europa. Dopo 53 anni, dopo aver sofferto, dopo essere risalita dallo sprofondo in cui l'aveva cacciata l'umiliante mancata partecipazione al Mondiale del 2018. Sono passati tre anni e mezzo tra le lacrime di San Siro e la gioia sfrenata di Wembley, innescata dai miracoli di Donnarumma nell'alternanza dei rigori ma strameritata per come è arrivata. L'Italia ha vinto l'Europeo che mancava dal 1968 semplicemente perché è stata la squadra migliore di tutto il torneo, ha incantato nella prima fase, saputo soffrire contro l'Austria, esplodere con il Belgio, piegarsi senza spezzarsi al cospetto della Spagna e poi vincere la paura di Wembley.

Siamo campioni d'Europa con pieno merito. Avevamo contro tutto, l'ambiente e il vento alle spalle degli inglesi, la rete a freddo di Shaw e le difficoltà fino a quando - centimetro dopo centimetro - gli azzurri non si sono presi il prato di Londra. Hanno pareggiato con Bonucci, dominato a tratti, incassato l'infortunio di Chiesa e concluso a testa alta mentre la tensione consumava i padroni di casa. Abbiamo vinto noi. Non ci credeva nessuno, solo Roberto Mancini vero architetto visionario che è stato capace di dare un futuro a una squadra di cui, unico, vedeva le potenzialità.

E' salito sul carro nel momento della vergogna. Ha spalancato le porte di Coverciano a gioventù e talento, chiuso la parentesi di molti senatori e aperto a ragazzi mai visti in Serie A. Li ha coccolati e plasmati, fatti crescere, protetti e responsabilizzati. Ha vinto l'Italia più bella, la squadra migliore di un Europeo che ha visto via via cadere le favorite e che ci ha consegnato avversari sempre più forti col passare dei giorni e dei turni. La nazionale non perde mai perché incontra squadre scarse, era il ritornello vuoto di tanti mesi nella vigilia. Belgio, Spagna e Inghilterra una dopo l'altra: c'è ancora qualcuno disposto a ridimensionare il valore dell'impresa?

Mancini è l'uomo copertina della vittoria. Le sue lacrime sul prato di Wembley sono l'immagine più bella insieme all'abbraccio con l'amico di sempre, Vialli, simbolo di un'intesa di cui si è nutrita la spedizione azzurra. Da Londra torna una nazionale che da qui in poi ha il futuro nelle sue mani anche se ha già consumato il presente. Torna il portiere più forte del mondo, capace di restare freddo nell'estate dell'addio alla società che lo ha fatto crescere. Tornano ragazzi che da settembre si ritufferanno nella caccia all'Europa con i rispettivi club con la consapevolezza che non siamo i brutti anatroccoli ma i più belli di tutti.

La vittoria dell'Europeo ha un significato simbolico che va oltre quello del campo. Chiude per sempre - si spera - gli anni orribili della pandemia, i lutti e le tragedie, un Paese rinchiuso e spaventato. Le scene di festa fanno paura perché le varianti sono qualcosa con cui ci si dovrà confrontare ancora a lungo, ma ora è il tempo della gioia e di rialzare la testa. Lo sport ha un valore unico nel tessuto culturale e nella formazione dell'identità di un popolo. Abbiamo vinto e da questa notte drammatica e meravigliosa nulla ci è precluso o, almeno, così ci piace pensare.

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