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Isis, il codice penale dello Stato Islamico

In uno dei momenti probabilmente più complicati dalla presa di Mosul a inizio giugno, il Califfato Islamico sta puntando principalmente a rafforzare la propria presenza all’interno dei territori occupati tra la Siria e l’Iraq, definendo sul piano amministrativo la struttura del suo Stato. Dopo l’orrore documentato sulle pratiche di indottrinamento dei bambini del Califfato, il 15 dicembre è stata pubblicata la versione definitiva del Codice penale, redatto secondo l’applicazione ultraradicale della Sharia, la legge islamica. Il documento, pubblicato sul forum jihadista Media Platform e rilanciato dall’Osservatorio sulla jihad e il terrorismo MEMRI, è intitolato Chiarimenti sulle punizioni coraniche (Clarification the Hudud).

Com’era immaginabile, l’elenco delle punizioni previste in caso di tradimento dei precetti islamici è a dir poco inquietante. Nell’annunciare il documento, i vertici dello Stato Islamico hanno dichiarato che la sua funzione principale è quella di avvertimento. Insomma, un promemoria cui dovrà attenersi chiunque vive nei territori del Califfato, pena - nel migliore dei casi - l’amputazione di una mano o di una gamba.

 Esempi? Pronunciare invano il nome di Allah, così come quello del Profeta Maometto o dell’Islam, è un atto punibile con la pena di morte. Chi si macchia di adulterio ed è sposato verrà lapidato fino a quando non rimarrà ucciso. Nel caso in cui le persone coinvolte in atti di adulterio non siano sposate, sono invece previste cento frustate e l’esilio. L’esecuzione è prevista anche nei casi di sodomia, spionaggio e apostasia. I furti valgono l’amputazione di una mano, mentre per l’uso di alcol e le calunnie nei confronti di altri musulmani la pena è di ottanta frustate.

Trattamenti diversi sono previsti per reati legati al banditismo. Il versetto del Corano di riferimento in questo caso è il 5:33: “La pena per coloro che combattono contro Allah e il Suo Messaggero e che si macchiano di corruzione nella vita terrena, è venire uccisi o crocifissi, che le loro mani e i loro piedi vengano tagliati o che siano esiliati”. Condanna a morte e crocifissione in caso di omicidio e furto, dunque, morte per il solo omicidio, taglio della mano destra e della gamba sinistra in caso di furto, o ancora esilio se l’accusa è di spionaggio o terrorismo.

Profughi cristiani in Iraq

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Profughi cristiani in Iraq

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Cristiani in fuga dall'Isis, Erbil, Iraq, 13 dicembre 2014. Rafo Polis, insegnante in pensione, racconta di non aver portato con sé nient'altro che la sua fede, il suo bene più prezioso.

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Cristiani in fuga dall'Isis, Erbil, Iraq, 13 dicembre 2014. Heleen Dawood, casalinga di Qaraqosh, mostra la cosa più preziosa che ha portato con sé: la sua bibbia.

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Cristiani in fuga dall'Isis, Erbil, Iraq, 13 dicembre 2014. Una studentessa di Qaraqosh mostra la cosa più preziosa che ha portato con sé: il suo cellulare.

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Cristiani in fuga dall'Isis, Erbil, Iraq, 13 dicembre 2014. Khidhir Badry, trattorista di Qaraqosh, mostra la cosa più preziosa che ha portato con sé: un'immagina sacra di Gesù e della Vergine.

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Cristiani in fuga dall'Isis, Erbil, Iraq, 13 dicembre 2014. Annosa Ishaac, infermiera di Qaraqosh , mostra la cosa più preziosa che ha portato con sé: il passaporto.

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Cristiani in fuga dall'Isis, Erbil, Iraq, 13 dicembre 2014. Nawar Jarjees, falegname di Qaraqosh, ha portato con sé due cose preziose: il suo computer portatile e la sua automobile.

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Cristiani in fuga dall'Isis, Erbil, Iraq, 13 dicembre 2014. Fatin Atheer, 6 anni, studentessa di Qaraqosh, è fuggita senza poter portare niente con sé. Da allora, non ha mai smesso di chiedere di poter riavere il suo piccolo computer portatile, abbandonato nella fuga. Suo padre è da poco riuscito a trovarne uno dello stesso modello in un mercato della città e a comprarglielo.

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Cristiani in fuga dall'Isis, Erbil, Iraq, 13 dicembre 2014. Jandark Jibrael, sarta di Qaraqosh, mostra la cosa più preziosa che ha portato con sé: il suo rosario d'oro.

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Cristiani in fuga dall'Isis, Erbil, Iraq, 13 dicembre 2014

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Cristiani in fuga dall'Isis, Erbil, Iraq, 13 dicembre 2014. Anwar Nassir, musicista di Qaraqosh, mostra la cosa più preziosa che ha portato con sé: il suo strumento.

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Cristiani in fuga dall'Isis, Erbil, Iraq, 13 dicembre 2014. Kamil Abdulahad, conciatore in pensione di Qaraqosh, mostra la cosa più preziosa che ha portato con sé: i suoi documenti dell'epoca del servizio militare.

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Cristiani in fuga dall'Isis, Erbil, Iraq, 13 dicembre 2014. Anas Khaleel, studente e piastrellista di Qaraqosh, mostra la cosa più preziosa che ha portato con sé: il suo smartphone Samsung.

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Cristiani in fuga dall'Isis, Erbil, Iraq, 13 dicembre 2014. Najeeb Mansoor, fabbro di Qaraqosh, mostra la cosa più preziosa che ha portato con sé: i suoi documenti di identità.

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Cristiani in fuga dall'Isis, Erbil, Iraq, 13 dicembre 2014. Una donna che ha chiesto di non rivelare il suo nome, casalinga vedova di Qaraqosh, dice che la cosa più preziosa che ha portato con sè è il suo rosario.

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Cristiani in fuga dall'Isis, Erbil, Iraq, 13 dicembre 2014. Shony Franso, casalinga di Qaraqosh , con la sua catenina al collo. Le cose più preziose che ha portato con sé sono i suoi gioielli.


Jihadisti in ripiegamento nel nord dell’Iraq

Intanto, questi sono giorni di combattimenti intensi nel nord dell’Iraq. Mercoledì 17 dicembre le forze curde hanno sferrato un’offensiva contro i miliziani dello Stato Islamico nel Monte Sinjar, dove nell’agosto scorso gli jihadisti hanno massacrato e costretto alla fuga migliaia di curdi Yazidi, una minoranza per origine e lingua.

Sostenuti dai raid aerei americani (45 gli attacchi sinora), gli 8mila combattenti peshmerga sono avanzati dalla città di Zumar attaccando le milizie jihadiste su due fronti e riuscendo a creare un corridoio per consentire la fuga di miglia di civili. Masrur Barzani, capo del Consiglio di sicurezza della regione del Kurdistan iracheno, ha confermato che l’operazione ha permesso di salvare la vita di migliaia di Yazidi. Al momento, i peshmerga sono riusciti a riprendere il controllo di 8 villaggi. Almeno 80 miliziani jihadisti sono stati uccisi, altri sarebbero invece riusciti a ripiegare verso ovest in Siria oppure a est verso Mosul, capitale irachena dello Stato Islamico.

Il generale Martin Dempsey, a capo delle operazioni militari statunitensi in Iraq, ha dichiarato al Wall Street Journal che gli attacchi aerei hanno portato all’eliminazione di diversi leader di IS. Tra il 3 e il 9 dicembre sarebbero caduti Abd al-Basit, un capo militare di IS in Iraq, e Haji Mutazz, uomo di fiducia del leader Abu Bakr al-Baghdadi. A fine novembre, invece, un altro raid aereo americano avrebbe portato all’uccisione di Radwin Talib, governatore di Mosul.

I miliziani si rinforzano in altre aree

Nonostante l’avanzamento delle forze della coalizione nelle ultime ore, gli jihadisti continuano però a mantenere il controllo di una vastissima area al confine tra Iraq e Siria, con roccaforti non solo a Mosul ma anche nella vicina Tal Afar e nella città di Sinjar, situata a sud delle montagne in cui si stanno concentrando adesso i combattimenti.

Inoltre, è di queste ore la notizia che a Deraa, città nel sud della Siria, dov’è cominciata la ribellione contro Bashar al Assad, e nei dintorni delle Alture del Golan vicino al confine con Israele, tre gruppi jihadisti (Shuhada al-Yarmouk, le Brigate Abu Mohammed al-Tilawi e Bayt al-Maqdis) avrebbero preso il controllo dell’area e giurato fedeltà al Califfato Islamico. Le violenza e i combattimenti, dunque, non si arrestano.


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