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May 23 2019
Freud diceva che governare, educare e psicanalizzare sono professioni impossibili. Damiano Di Gangi suona, dirige e insegna. L’ho conosciuto anni fa, di schiena, mentre dirigeva l’Orchestra Rudolf Steiner nella Carmen di Bizet.
Dirigere un’orchestra sembra avere qualcosa a che fare con l'atto di governare: il tempo, gli animi, l’espressione.
Damiano, come si fa a insegnare?
“Credo che un insegnate di musica debba essere musicista, una persona che nella vita, fa musica. L’arte è prima di tutto un movimento interiore, se non sei musicista come fai a trasmettere veramente la bellezza di quest’arte? Se tu la insegni e basta, puoi dare le competenze, le conoscenze, la teoria, la storia, ma non passi la passione del vivere l’arte che fai.
Conosco insegnanti che non fanno più musica, hanno pure venduto gli strumenti, cosa danno? L’insegnamento deve essere un’occasione per dare loro qualcosa. Che non sono solo nozioni, ma uno stile, un modus.
Il fine dell’uomo è la ricerca della bellezza. Siamo esseri umani, dotati di lati belli e meno belli, vizi e virtù, però, se tu ricerchi in quello che fai, sempre e comunque, il bello, questo può dare un senso diverso alla vita. Che sia nel gestire la tua casa, la tua attività, il tuo lavoro, le tue passioni, quello che insegni loro, il fine poi, è la bellezza.
I miei allievi sono più interessati a sapere da me quello che faccio, al di là di quello che insegno. Mi chiedono cosa faccio nel weekend, se suono, dove, con chi. Allora racconto, spiego i contesti, le persone, i programmi. E loro fanno domande specifiche, sono molto interessati al backstage, anche di un concerto di musica colta.”
Hai detto colta e non classica, raccontami di questa distinzione.
“La musica colta generalmente viene chiamata musica classica. Io, volutamente, non la chiamo mai così. Perché la musica che chiamiamo classica, è la musica colta del periodo classico, quello che va dalla fine del barocco all’inizio del romanticismo.
La fine del barocco ha un periodo chiamato galante, poi inizia in musica il classicismo, i cui esponenti sono Haydn, Mozart e Beethoven, che hanno rivoluzionato veramente la storia della musica.
Io su questo periodo mi ci soffermo tantissimo perché Haydn è l’ultimo grande musicista che ha vissuto ancora a servizio di qualcuno. Ha vissuto quasi tutta la vita in Bohemia alla corte di Nicola Esterházy. Lì viveva in livrea, era uno dei tanti servi (come lo era Bach), era uno dei tanti alla corte di un signore. Quando muore Nicola, gli eredi non lo vogliono più, quindi lui decide di andarsene a Parigi, Londra ecc, e farà la vita del musicista libero, sarà un libero professionista, una cosa che non esisteva.
Mozart, ci tenta. Lui è a Salisburgo, alle dipendenze dell’Arcivescovo della città austriaca, quando decide di andarsene per fare il “professionista”. Ma i tempi non sono pronti, pur essendo lui un genio. A 35 anni muore in assoluta povertà di cirrosi epatica e viene sepolto in unafossa comune.
Beethoven è il primo che finalmente vivrà come musicista “libero”. Il primo che per un periodo viene stipendiato dalla borghesia viennese per non andare alle dipendenze di nessuno.
C’è un libricino di Alessandro Baricco 'L’anima di Hegel e le mucche del Wisconsin” in cui scrive 'Può sembrar banale, ma prima di Beethoven, Beethoven non esisteva.'. Prima i musicisti erano dei servi. Da Beethoven in poi il musicista non è più uno dei tanti, ma un artista. E inizia il romanticismo, e quindi il voler mettere in musica le passioni, emozioni, che poi caratterizzerà la storia dell’otto e novecento.
Quindi il settecento musicale è molto importante, perché in questo secolo si vivono tutte queste cose che portano a un cambiamento emblematico. In musica, il Barocco lo si fa convenzionalmente coincidere con la morte di Bach, nel 1750. Siamo in pieno illuminismo. In arte figurativa siamo in pieno neo-classicismo, perché si vogliono riprendere icanoni estetici del classicismo greco. In musica non c’è un neo-classicismo settecentesco, ma un classicismo.”
Domanda trabocchetto da esame.
“Esatto, la faccio sempre e ci cascano in tanti. Avremo poi, un neo-classicismo, ma sarà nel novecento, con Stravinskij, che è colui che ha composto L’uccello di fuoco e La Sagra della Primavera. Ma il suo periodo neoclassico, in cui ad esempio compone il balletto Pulcinella, richiama moltissimo Mozart.
Quindi quando si parla di musica classica, si parla della musica colta del periodo classico, coincidente con il neoclassicismo artistico. Così come quando si parla di Bach si dovrebbe parlare di musica Barocca, quando si parla di Schubert, di musica romantica, ecc. Io sono molto attento a questi concetti.”
E perché si chiama colta?
“Quello di musica colta è un concetto molto complesso. Potremmo sintetizzare dicendo che è quella musica che ha un retaggio di formazione accademica. Ma non soltanto. Potremmo aggiungere che è tutto ciò che non è popolare o che non rientra nei nuovi generi che arriveranno nel novecento, come il jazz, il blues, il rock, ecc. Ma non soltanto. Ci sono compositori di musica colta, soprattutto nel novecento o a giorni nostri, che non rientrano in alcun altro genere...
Il concetto di pop come lo abbiamo sempre inteso noi studiosi è la musica popolare, il folclore. La musica oggetto di studi etnomusicologici e musicologici.
Ricordo un corso fatto con un insegnate del conservatorio di Novara, diceva che uno dei suoi insegnanti era andato in Sicilia a conoscere un signore che ancora suonava un “diaulo”, uno di quei flauti doppi, che aveva le sue origini nella Magna Grecia. Non sapeva minimamente leggere la musica e forse neanche l’italiano.
Quello che ha a che fare con la musica colta, ci offre la possibilità diconoscere più da vicino il linguaggio che andiamo a decodificare per fare musica, quindi arte.”
Quando e come nasce la musica colta contemporanea?
“Più o meno dalla seconda metà del 900 si è pensato che la musica dovesse in qualche modo cambiare. E quindi sono cambiati i supporti, i linguaggi e, spesso, non c’è più grande attenzione al timbro. Si vuole fare della musica un’architettura, e non qualcosa che sia per forza piacevole da sentire, ma bella da vedere, formalmente precisa (o volutamente imprecisa) nella coerenza a livello di costruzione compositiva.
I corsi di composizione sono dei corsi da dove vengono fuori dei compositori, che sono abituati al linguaggio tradizionale che viene volutamente stravolto, nella forma e nel contenuto, per offrire la nuova musica 'colta' di oggi.”
Qualche nome?
“Ti posso dire i nomi storici e citarti Xenakis, Berio, Ligeti, Nono, gente che ha rivoluzionato il modo del pensare musicale.“
So che sei stato giornalista, raccontami della tua passione per altre arti.
“Sono un grande appassionato di arti visive, tanto che a vent’anni ero in dubbio se fare musica, o continuare a fare quello che stavo cominciando a fare, cioè il giornalista nella critica d’Arte visiva. Avevo una pagina settimanale nella Gazzetta della Martesana e collaboravo con altri giornali. Ero preso da questa cosa, e mi dedicavo contemporaneamente al giornalismo e alla musica, nell’essere sempre musicista a 360 gradi: insegnavo, suonavo tantissimo in giro, incidevo dischi, ecc. Chiaramente, ho dovuto scegliere, e ho scelto la musica.”
Nel tuo fare musica a 360 gradi, come si passa da un ruolo all’altro?
“Devi avere la capacità di modularti a seconda di cosa fai. Subito prima di Natale ho fatto un concerto con la scuola media di Trezzo sull’Adda in cui ho diretto più di 300 ragazzi e settimana scorsa un altro in cui c’erano circa 150 ragazzi delle classi quinte della scuola elementare.Emozionante. E si fa, perché loro sentono questa cosa che ti dicevo prima, che tu sei un musicista e stai dando loro qualcosa. Non ti vedono solo come il maestro, ma come un professionista di quella cosa e che la condividi con loro. E dirigere trecento ragazzi chiede uno stato diverso interiore da quello che devi ricreare per suonare con un’orchestra, magari da solista.”
L’adrenalina, le grandi emozioni come può essere quella di salire sul palco e suonare, influiscono sul respiro e fanno tremare e sudare le mani, due cose che un flautista necessita forse più di ogni altro. Come vivi quei momenti?
“Una volta eravamo in tourné con Lucio in Guatemala, ero molto giovane, due settimane di prove serrate perché dovevamo amalgamare le cose che avevamo studiato separatamente con il resto dell’ensemble cameristico. Arriva la sera del primo concerto, Lucio dà uno sguardo alla sala e mi dice 'stai calmo'. C’erano più di mille persone, quasi collasso.
E come si fa? Pensi che deve andare bene. Succede che sei lì, e l’adrenalina è al massimo, esci che sei agitato, è normale. Allora immagino di essere con i colleghi e basta, a una prova. Mi isolo un momento e questo mi rende sempre più disinvolto finché a un certo punto inizio a dialogare con il pubblico. In questa trasmissione, in questo dialogo col publico sta la vera bellezza della musica che eseguo. Mi piace stare sul palco e donare agli altri le mie capacità interpretative.
Ho suonato e sono andato a sentire tantissimi concerti. Posso dire che i concerti dove, stando tra il pubblico, mi sono veramente emozionato sono forse pari alle dita di una mano, e questi concerti erano fatti da persone, anche grandi concertisti, che magari tecnicamente sbagliavano un sacco di cose, ma quello che trasmettevano era impressionante.”
E siamo nella sfera dell’invisibile.
“Tutto quello che succede è invisibile, tranne la pelle d’oca. Quando suonando riesco a emozionarmi, ho vinto, e sono sicuro che se mi emoziono io, si emoziona anche il pubblico, è questa la grandiosità.
Io eseguo, suono la musica di altri, ma la capacità tecnica deve supportare le tue intenzioni musicali. Interpretazione e espressività devono basarsi su studi musicologici ed essere degni di essere portate in pubblico, ma soprattutto devono dare la capacità agli altri di emozionarsi, devono potere dire: questa frase musicale è di una tale bellezza, che nel come te la spiego suonando, riesco a farla capire anche a te o a far capire anche a te cosa vuol dire per me.”
Perché l’orchestra cambia se cambia il direttore?
“L’orchestra è lo strumento che il direttore ha in mano per suonare. Io quando sono flautista ho in mano il flauto, e il flauto deve fare quello che dico io, o almeno spero di essere in grado di farglielo fare.
Quando sei direttore, il tuo strumento è l’orchestra. Loro devono essere in grado di eseguire in modo perfetto quello che c’è scritto sulla parte, tu invece hai una partitura, l’insieme delle parti di tutti gli strumenti, e con il tuo gesto, le tue mani, le braccia, il corpo e lo sguardo (nelle prove anche con le parole) devi far fare loro quello che vuoi. E’ una cosa molto affascinante. Lavoro sempre molto sulla trasmissione ai miei orchestrali della mia interpretazione del brano che sto dirigendo.”
Se dovessi scegliere una figura che ti ha influenzato?
"La persona che ha avuto più influenza su di me a livello professionale e più importanza per me a livello personale è stato Lucio Nanni, grande musicista, flautista anche lui, una persona fuori dal comune, dotata di grande intelligenza e ironia. Il mio maestro, il mio mentore."
Saluto Damiano e penso che insegnare forse sia veramente una professione impossibile, ma può sentirsi realizzato chi nel tentare di farlo trasmette come lui la propria passione e la bellezza dell'arte che vive.