Silvio-berlusconi
ANSA/GIORGIO BENVENUTI
News

Il ruolo di Berlusconi nel nuovo centrodestra

Nella stagione di internet e delle piazze virtuali, la piazza in senso fisico come luogo di mobilitazione politica, fatta di corpi accalcati e sudati, di urla e di cori, di lunghe trasferte in pullman a metà strada fra la scampagnata e la spedizione di tifosi a sostegno della squadra del cuore, ha perso molto del suo appeal.

Oggi i numeri dei partecipanti alle manifestazioni di piazza si contano nell’ordine delle migliaia, nella migliore delle ipotesi delle diecine di migliaia, non certo delle centinaia di migliaia o dei milioni di persone. E chi viene in piazza sono gli attivisti, gente più che motivata e con le idee fin troppo chiare.

Non deve stupire dunque che le migliaia (di più non erano) di persona raccolte da Salvini in piazza a Bologna riflettessero il variegato mondo leghista e le sue sfaccettature, più complesse di quanto si immagini. La presenza di militanti di Forza Italia, per quanto visibile, era nettamente minoritaria, e quanto a Fratelli d’Italia, diciamo che con tutta la buona volontà difficilmente riescono a farsi notare.

Fra i militanti leghisti esiste un’ala “dura e pura” cui va stretta l’alleanza con Berlusconi (e con chiunque altro): sognano una Lega al 51% o, più realisticamente, un’eterna opposizione che però consenta di lucrare un po’ di spazio elettorale senza competizioni o contaminazioni scomode.

A costoro va stretto anche Salvini, il quale, al di là dell’atteggiamento “descamisado”, è un buon tattico e sa bene quando premere l’acceleratore e quando il freno, e sa benissimo senza accordi non ci sono prospettive per le sue – non modeste – ambizioni.

Dunque se qualcuno nella piazza ha fischiato Berlusconi – noi c’eravamo, e possiamo testimoniare che si trattava di modesti, quasi inudibili settori della folla – questo qualcuno sapeva benissimo cosa faceva, e intendeva fare dispetto prima a Salvini che a Berlusconi.

D’altronde il Cavaliere era in una condizione per lui insolita: quella di ospite in un evento non suo. Non parlava alla sua gente, parlava a gente abituata ad una diversa retorica, più sanguigna. Berlusconi è un seduttore, quel tipo di folla non ama essere sedotta, ama essere frustata e sospinta da parole infuocate.

Certamente più a suo agio in quella situazione era Giorgia Meloni, l’Evita Peron della Garbatella: capace di gridare con accento romanesco le cose che fanno andare in sollucchero i cuori padani.

Berlusconi aveva un altro compito, quello di dare un segnale di unità nella diversità. È il compito più difficile, anche perché la diversità è comunque antropologica. Il Cavaliere, anche se per l’occasione indossava – come fa spesso quando vuole essere informale – una discussa camicia scura aperta sotto la giacca, idealmente non ha mai dismesso il doppiopetto di Caraceni con il quale è decisamente più a suo agio.

Quel doppiopetto con il quale parlare al mondo dell’impresa, dell’innovazione, della finanza, alla borghesia produttiva, ai ceti medi riflessivi e prudenti, ed anche alle famose “vecchie zie” di Longanesi.
Le vecchie zie non hanno mai smesso di amarlo, e lui non le ha mai tradite, mentre inarcano un sopracciglio davanti ai modi ruvidi e al linguaggio zoppicante di Salvini. Le “vecchie zie”, spiegava Longanesi, salveranno l’Italia, non i descamisados, né i militanti appassionati o calcolatori.

Per questo i (pochi) fischi di Bologna, se davvero ci sono stati, mandano in sollucchero la stampa “progressista”, che sguazza nei pezzi di colore, ma a Berlusconi fanno più bene che male. Dimostrano chi è pur sempre la “carta vincente” del centro destra italiano.

La presenza di Berlusconi (insieme all’imbecillità criminale dei centri sociali) è quello che ha trasformato una piccola manifestazione di militanti destinata ad occupare poche righe nelle pagine interne dei giornali (nonostante gli annunci e gli sforzi organizzativi) in un evento politico nazionale.

I Salvini e le Meloni per il futuro sono avvisati.

YOU MAY ALSO LIKE