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Il piano di Google per combattere l'Isis

C'è un piano di Google per dissuadere l'espansione e il reclutamento dell'Isis, a partire dal web. Si chiama Redirect Method ed è un programma messo a punto da Jigsaw, l'incubatore tecnologico di proprietà della società californiana.

Utilizza una forma di pubblicità mirata attraverso YouTube, per indirizzare le aspiranti reclute a contenuti che li allontanino dall'ideologia jihadista.

"L'idea è venuta dopo l'osservazione di tutto il materiale del Califfato che circola online", spiega Yasmin Green, responsabile della ricerca e dello sviluppo di Jigsaw che è stata colpita dalla testimonianza di una ragazza di 13 anni londinese che stava abbandonando la sua famiglia per lo Stato Islamico. "Mi ha detto che guardava delle foto online e le è sembrato di andare incontro ad una sorta di Disneyworld islamica - aggiunge -. Nessuno di noi ha mai pensato questo dopo avere visto i media, ma era quello che invece pensava un adolescente".

Da qui, l'idea di questo programma: punta ad una sorta di "reindirizzamento" online e ad una controinformazione mirata per quelle persone più deboli e vulnerabili alla propaganda dell'Isis.

In pratica, il software piazza dei messaggi pubblicitari accanto ai risultati di ricerca e alle parole chiave che vengono inserite online più frequentemente dalle persone attratte dal Califfato.

Questi annunci, in arabo e in inglese, portano a video su YouTube preesistenti che Jigsaw crede possano annullare il "lavaggio del cervello" subito dai soggetti più influenzabili in Rete: testimonianze di ex estremisti o imam che denunciano la corruzione dell'Islam operata dallo Stato islamico.

Un progetto pilota del programma Redirect Method è stato portato avanti a inizio del 2016: nel corso di due mesi, più di 300mila persone sono state "condotte" a un'informazione anti-Isis.

Secondo le stime dei ricercatori, gli utenti hanno cliccato su questi contenuti fino a quattro volte di più delle classiche campagne pubblicitarie. E questo mese Jigsaw prova a rilanciare una seconda fase del progetto, concentrandosi prevalentemente negli Stati Uniti e applicando il metodo anche ai messaggi razzisti.

Google e YouTube non sono gli unici big della tecnologia a contrastare online i contenuti jihadisti. A metà agosto Twitter ha reso noto di aver chiuso in due anni 360mila profili che in qualche modo erano collegati al terrorismo. (ANSA)

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