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"Il giorno perduto": Heysel, 29 maggio 1985

"Uomini che vanno alle finali di Coppa dei Campioni. Il sole invade l'abitacolo, Hans strizza gli occhi avvolto dal fumo della sigaretta, Christy guarda i cartelli a lato della strada e il bagliore che piove di taglio sulla campagna, sul continente, Lille, Bruges, Reims, nomi di campi di battaglia, di campi di pallone e di cimiteri, Amiens, Arras e Mons, mentre loro due vanno verso il sole e ridono, una conversazione fatta di nomi di uomini che si guadagnano la vita tirando calci a un pallone ed entrano nei sogni di altri uomini".

Uomini che vanno alle finali di Coppa dei Campioni, appunto. Anche se quella sarà la finale peggiore di tutte, ricordata per sempre perché lo stadio si trasformerà proprio in un campo di battaglia con 39 morti e oltre 600 feriti. E con i corpi senza vita raccolti a bordo campo dagli improvvisati soccorritori, mentre un cavallo solitario - altra immagine surreale di una realtà paradossale - bruca l'erba dell'Heysel dopo essere stato abbandonato dal suo cavaliere, un poliziotto belga impegnato a vuotarsi lo stomaco per la nausea di tutto l'orrore visto. 

Sì, quella finale è la tragica Juventus-Liverpool del 29 maggio 1985, che a 30 anni di distanza - oltre che reclamare un necessario ricordo come chiesto dalla ricostituita Associazione familiari vittime dell'Heysel -  ha ispirato "Il giorno perduto", romanzo a quattro mani di Gian Luca Favetto ed Anthony Cartwright, edito da 66THAND2ND proprio a ridosso dell'anniversario. Uno scrittore italiano e uno inglese, già autori in passato di ottime storie di calcio ("A undici metri dalla fine" per Favetto, "Heartland" per Cartwright), come italiani e inglesi sono i protagonisti di un viaggio a Bruxelles, destinazione Heysel, che cambierà le loro vite e che avrà un'appendice esattamente trent'anni dopo.

La tragedia dell'Heysel: le immagini

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Una scarpa in mano, il pianto disperato. Un tifoso della Juventus con il figlio scampati per un soffio alla strage. Simbolo della tragica finale di Coppa Campioni tra Juventus e Liverpool del 29 maggio 1985 allo stadio Heysel.

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Cabrini guida i compagni nella corsa dopo la vittoria della tragica finale di Coppa Campioni. Finisce 1-0 per i bianconeri

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Primo piano delle gradinate sconvolte dalla massa umana sopraffatta dalla calca.

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La disperazione di un tifoso a bordo campo.

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Una delle sequenze più drammatiche della tragedia del 29 maggio 1985. Un tifoso è travolto dalla massa dei tifosi in cerca di fuga.

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Sono le 19,20 del 29 maggio 1985.Mancano pochi istanti al crollo del muro sfondato dalla pressione dei tifosi italiani, aggrediti dagli inglesi all'interno del settore Z dello stadio belga.

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Un sopravvissuto alla strage piange disperato di fronte ai corpi dei compagni ammassati lungo il muro perimetrale dell'Heysel.

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Massimo Bonini in azione durante la finale. Il collegamento TV della Rai fu volutamente oscurato mentre si svolgevano le fasi più drammatiche della tragedia.

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L'evacuazione di una vittima dei disordini dell'Heysel da parte dei soccorritori belgi.

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Lo sguardo pensieroso di Michel Platini, capitano della Juventus, mentre regge la Coppa dei Campioni la sera del 29 maggio 1985.

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"Rossi animali" . Tifosi della Juventus mostrano lo striscione sotto lo sguardo della polizia belga in assetto antisommossa.

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Lo scontro tra un tifoso bianconero e la polizia belga. Quest'ultima ebbe la grave responsabilità di non aver consentito l'unica via di fuga per la curva italiana, causando l'ammassamento contro il muro che sarebbe successivamente crollato.

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Il passaggio della polizia belga sotto la curva dei tifosi del Liverpool. Tra di loro vi erano anche frange ultraviolente della tifoseria del Chelsea, che si erano unite agli hooligans del Liverpool.

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La rabbia della curva bianconera si riversa sulle forze dell'ordine in servizio allo stadio Heysel la sera del 29 maggio 1985.

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I tifosi bianconeri, incalzati dalla polizia belga, fuggono dalla tragedia che si è appena consumata nel settore Z dello stadio Heysel. i Morti sono 39, i feriti oltre 600.

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I reparti speciali della polizia di fronte alla curva degli hooligans del Liverpool. Si facevano chiamare "head hunters", cacciatori di teste, per la violenza estrema che li caratterizzava.

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Due soccorritori della Croce Rossa Belga, di fronte alla desolazione delle gradinate del settore Z dello stadio Heysel.

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Paramedici e soccorritori tentano di rianimare una vittima del crollo del muro del settore Z dove erano situati i tifosi della Juventus.

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Una transenna usata come barella di fortuna. Le difficoltà dei soccorritori belgi di fronte alla immane situazione di emergenza che costò 39 vite e oltre 600 feriti.

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Bruxelles, stadio Heysel. Ore 19,15 circa del 29 maggio 1985. Gli ultras del Liverpool aggrediscono gli juventini sfondando le inadeguate barriere divisorie. La tragedia della finale di Coppa Campioni è incominciata.

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Un contrasto fra Antonio Cabrini e Steve Nicols durante la finale del 29 maggio. La partita fu giocata ugualmente per evitare ulteriori problemi di ordine pubblico, oltre un'ora dopo l'inizio previsto. Il telecronista per la Rai era Bruno Pizzul.

Fotogallery a cura di Edoardo Frittoli

Da una parte gli juventini Domenico Dezzotti (detto "Mich"), Mario Morello (detto "Miranda"), Carlo Stura (detto "Charlie", "Tiger" e in tanti altri modi ancora) e Angelo Peraglie, proprietario di nessun soprannome ma della R4 che li porterà dalla Valchiusella in Belgio per una trasferta che li farà poi ripartire verso nuove vite. Dall'altra Christopher Victor Hale, detto Christy oppure "Monk", perché del monaco ha i lunghi silenzi e il vivere lontano dalle folle, eccezion fatta per la Kop, la mitica curva del Liverpool dove però "nessuno ti dedica troppa attenzione, al massimo un'occhiata di sbieco, ogni discorso è rivolto al campo": anche per lui, con un padre malato terminale e una madre in fuga per il mondo, quel viaggio da solo verso l'Heysel porterà a drastici cambiamenti. Non prima di aver incrociato il destino degli altri quattro sulla Grand Place di Bruxelles: giusto il tempo di una giocata di strada, che non sarà però mai dimenticata proprio come quella maledetta partita.


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