Il Governo Meloni non è ancora nato ma c'è chi lo condanna, a prescindere

Il governo Meloni non è ancora nato, ma qualcuno lo ha già giudicato e condannato. In via preventiva. Troppo lenta la formazione della lista, troppo basso il livello di prestigio dei componenti, troppo poco competenti le facce in gara nel totoministri. Ammesso e non concesso che il governo Draghi fosse quello dei “migliori”, si affrettano a dipingere l’esecutivo venturo come quello dei “peggiori”. Per carità, il nuovo governo andrà criticato senza sconti, se non risponderà in fretta alle pressanti esigenze del Paese: ma perlomeno aspettiamo che nasca. Almeno diamogli il tempo di prendere in mano le pratiche, prima di esprimere giudizi.

La sensazione invece, è che il nuovo governo di destra sia stato per così dire commissariato, almeno culturalmente, ancor prima di aver visto la luce. E la cosa bizzarra è che gli autonominati commissari rientrano nelle file del Pd, che attualmente, fino al prossimo giuramento, sostengono il governo in carica guidato da Mario Draghi. Da questa singolare situazione di maggioranza negli atti e di opposizione a parole, il centrosinistra sforna patenti di presentabilità nei confronti di un governo che ancora non c’è. Forti del sostegno a ministri evidentemente impeccabili come Roberto Speranza e Luigi Di Maio, da sinistra mettono il naso nella lista dei papabili ancor prima che siano iniziate le consultazioni con il Quirinale. Quasi illuminati da diritto divino, i partiti usciti sconfitti dal voto pretendono di selezionare i nobiluomini dai pericolosi criminali: Casellati, La Russa, Salvini, Calderoli, questo sì, questo no, questo va bene, questo non va bene. Un esame della patente preventivo che sicuramente entrerà nel vivo nei prossimi giorni, il cui antipasto è stato costituito dalle barricate contro i nuovi presidenti di Camera e Senato, considerati non così autorevoli come un Fico o una Boldrini. Autorevole, evidentemente, è solo chi frequenta una certa parrocchia politica. Ripeto, è giusto che la maggioranza venga passata al microscopio dall’opposizione. Ma quando la maggioranza è di destra, il microscopio diventa stranamente più potente.

L’altra tendenza in atto è reclamare che il governo futuro faccia qualcosa di buono ancor prima d’aver messo piede a Palazzo Chigi. Per esempio, la notizia di queste ore è la riscoperta della povertà: lungi dall’essere stata abolita dai cinque stelle, il capodelegazione al parlamento europeo del Pd Brando Bonifei si è accorto che “5,6 milioni di italiani vivono in povertà assoluta, il nuovo governo andrà incalzato”. Poco importa che finora ci sia stato un altro governo sostenuto da (quasi) tutti i partiti, e che questa povertà sia stata minimizzata fino all’altro ieri. Oggi si sono accorti che esiste la recessione, e la colpa è del governo Meloni che vuole abolire il reddito di cittadinanza. Passano i governi, cambiano le maggioranze, ma certi complessi di superiorità sono inscalfibili. Ed è uno dei motivi principali per cui qualcuno ha perso le elezioni.

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