Finisce il Governo Draghi, si va al voto anticipato

Una giornata lunga, calda (non solo per il meteo), tra le più intense che la storia della politica italiana ricordi. Doveva essere il Draghi Day e lo è stato, forse molto più di quello che fino alle 9 di stamattina ci si aspettasse. A cominciare proprio da lui, dal premier, che nel suo intervento e nella sua replica ha usato toni di una durezza che raramente si è sentita al Senato con vere e proprie «sassate» rivolte ai partiti che più lo hanno messo in difficoltà in questi ultimi mesi. Rigidità che per molti sono state uno degli ostacoli rivelatisi insormontabili per chi lavorava in queste ore per la continuità dell’esecutivo.

Rimarrà nella storia, durante la replica, ad esempio quella frase sul Superbonus «scritto male, malissimo, da qualcuno o qualcuna….» pronunciata a voce alta, guardando dritto negli occhi i senatori grillini. Come rimarrà nella memoria il suo ripetere sia nel primo intervento che nella replica che «non ho potuto ignorare gli appelli degli italiani a restare…» per spiegare le sue mancate dimissioni irrevocabili. Un messaggio alla politica: il Paese è con me… e non con voi (sottinteso).

La fine arrivava dopo le dichiarazioni di voto dei vari gruppi al Senato, con Movimento 5 Stelle, Forza Italia e Lega che annunciavano la loro non partecipazione alla mozione presentata da Pierferdinando Casini (pensa un po’) di fiducia all’esecutivo. «Siamo pronti ad un nuovo governo da lei presieduto - hanno ribadito azzurri e verdi - ma senza il M5S»; «Togliamo il disturbo» hanno ribadito i grillini. Il voto dava esito scontato e negativo.

Ma la giornata di oggi non segna solo la fine di un esecutivo e di una legislatura. Il dibattito, le parole, le trattative dentro e fuori dai palazzi della politica hanno lasciato un segno indelebile anche sul domani. Per prima cosa con il non voto di due giorni fa e con quello di oggi l’alleanza Pd-M5S, base dal tanto conclamato Campo Largo contro il centrodestra, finisce. Letta, Franceschini ed altri hanno provato fino all’ultimo a far cambiare idea a Conte ed ai suoi, soprattutto dopo l’annuncio del non voto del centrodestra. Con un voto favorevole dell’ultim’ora all’esecutivo a dir poco sorprendente dei grillini Letta era certo di poter scaricare le colpe della crisi sul centrodestra; una bella carta da giocarsi in campagna elettorale. Ma il Movimento ormai ha scelto la strada della lotta, quasi del ritorno al vaffa per cercare di recuperare qualche punto percentuale nei sondaggi. Non si sa se ci saranno altre fuoriuscite verso Di Maio, ma la linea per il domani pare chiara: ritorno alle origini, magari senza Conte ma con Di Battista o Virginia Raggi al comando.

Così il Pd da oggi deve capire cosa fare, soprattutto con chi farlo. Letta aveva detto che oggi si sarebbe svegliato “sereno“ (aggettivo quantomai nefasto per lui); domani lo sarà sicuramente meno. Numericamente la sfida elettorale appare impossibile. Senza il 10% dei grillini il centrodestra stando alle proiezioni dei sondaggisti ha la strada spianata davanti; si potrebbe quindi cominciare con una cosa che unisce Toti, Renzi, Letta e Di Maio: la voglia di legge elettorale proporzionale, giusto per limitare il successo degli avversari e ritagliarsi un maggiore spazio dei movimento. C'è però una voce: Draghi candidato del Campo Largo. Un sogno forse da Calciomercato ma sul quale molti sperano. Unico modo per ribaltare una partita che pare persa in partenza

Diversa la situazione nel centrodestra. Contrariamente a qualche spiffero l’asse Fi-Lega ha tenuto. Berlusconi e Salvini hanno tenuto il punto sulla nuova maggioranza, si, ma senza i grillini. Certo, ci sono state tensioni interne altissime (Mariastella Gelmini ha annunciato poco fa il suo addio al partito e forse nelle prossime ore altri colleghi seguiranno il suo esempio) ma l’asse ha resistito. Un’unità di intenti che secondo molti sarebbe il preludio alla nascita di un’unica lista in vista del voto. Voci…

Su tutto ora a Mattarella non resta che il voto anticipato. Il Quirinale riceverà domani mattina le dimissioni questa volta irrevocabili, di Draghi che rimarrà in carica per gli affari correnti fino al 2 ottobre. Il tutto mentre poco lontano, Giorgia Meloni organizzava la prima manifestazione di piazza della campagna elettorale di questa lunga e torrida estate.

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