La giustizia frena anche il pil

Il 52 per cento delle cause italiane sulla Rc auto si concentra a Napoli. Conseguenza: oltre ai tribunali ingolfati dai colpi di frusta fasulli, le imprese della zona devono pagare polizze esorbitanti per i loro mezzi. Ma non è l’unico esempio di come l’eccesso di contenzioso civile e la sua lentezza, oltre a pesare sui conti pubblici, uccidano la competitività delle aziende. I 5 milioni di fascicoli pendenti (l’Italia ha il record di 3.358 cause ogni 100 mila abitanti contro una media Ocse di 2.738) influenzano negativamente la concessione di mutui e prestiti, i tassi di mora, la capacità brevettuale, le assunzioni, soprattutto a livello di piccole e medie imprese.

A mettere in fila questi dati hanno pensato gli economisti Silvia Giacomelli e Carlo Menon, il cui studio, pubblicato quattro mesi fa dalla Banca d’Italia, è passato quasi inosservato benché contenga indicazioni preoccupanti. Secondo Giacomelli e Menon, «dove i processi civili richiedono più tempo, la dimensione media delle industrie manifatturiere è minore», mentre altre questioni, spesso spacciate per cruciali, come l’incidenza delle cause lavorative, hanno «un peso meno significativo». Conclusione: «Se la durata media dei procedimenti civili si dimezzasse», le imprese italiane avrebbero più tempo e risorse da destinare al business e «aumenterebbero di stazza dell’8-12%», con benefici economici diretti e indiretti pari a un punto abbondante di pil (16 miliardi). Una stima sostanzialmente in linea con quella del Centro studi della Confindustria, secondo cui una riduzione dei tempi del contenzioso avrebbe impatti positivi pari a 14 miliardi. 

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