Gerusalemme e Cisgiordania: i giorni dei lutti e degli scioperi

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Una via della città vecchia di Gerusalemme con i negozi serrati. Gerusalemme, 15 maggio 2018
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Pochissime le persone nel dedalo di strade della vecchia Gerusalemme, 15 maggio 2018
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La serrata di Gerusalemme, 15 maggio 2018
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Un uomo in una strada vuota di Nablus, Cisgiordania,15 maggio 2018
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Un anziano davanti ad un negozio chiuso di Nablus, Cisgiordania,15 maggio 2018
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Un uomo davanti ad un negozio chiuso. Gerusalemme, 15 maggio 2018
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La vecchia Gerusalemme chiusa per lutto e sciopero. Gerusalemme, 15 maggio 2018
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Una fila di botteghe chiuse in una stara della vecchia Gerusalemme, 15 maggio 2018
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Uomini palestinesi soedono in una strada deserta di Nablus, Cisgiordania, 15 maggio 2018
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Una donna in una strada deserta di Nablus, Cisgiordania, 15 maggio 2018
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Una strada di Nablus, Cisgiordania, 15 maggio 2018
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Un venditore ambulante in una piazza deserta di Nablus, Cisgiordania, 15 maggio 2018

Il giorno dopo l'inaugurazione dell'ambasciata degli Stati Uniti a Gerusalemme, per iniziativa del presidente dell'Autorità palestinese Mahmoud Abbas, di comitati popolari e partiti, i palestinesi della Cisgiordania e di Gerusalemme est osservano tre giorni di lutto (e uno sciopero generale) per commemorare la strage dei dimostranti palestinesi avvenuta al confine di Gaza, strage che ha causato 2.500 feriti e almeno 60 vittime, tra cui diversi bambini e una piccola di 8 mesi.

Secondo i dati forniti dal Ministero della Salute di Gaza, almeno 1.204 palestinesi sono stati colpiti da proiettili, 79 al collo, 161 alle braccia, 62 alla schiena e al petto, 52 allo stomaco, 1.055 alle gambe. Oltre 200 feriti sono minori, 78 donne.

Chiusi negozi, scuole, uffici e aziende e in giornata si sono svolte manifestazioni commemorative in occasione del 70esimo anniversario della "Naqba" (la catastrofe), ossia l'esodo dei palestinesi dalla loro terra con la formazione dello Stato di Israele nel 1948

L'Alta commissione della comunità araba in Israele ha chiesto che lo sciopero generale sia rispettato dai palestinesi anche nelle città arabe dello stato.

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