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Che invidia le elezioni in Germania

Se penso ad Angela Merkel, la foto che mi viene in mente è quella in cui si vede la Cancelliera in fila al bancone della macelleria di un supermercato senza il codazzo di scorte, curiosi e cronisti che circondano, circonfondono i nostri politici da operetta: una semplice massaia che analizza le targhette dei prezzi, prima degli acquisti di giornata. Ecco, a me pare che questa sia l’immagine più fedele di quello che è la Germania: un grande paese. E che è la Merkel. Una leader. 

Il trionfo personale e quello del suo partito, la Cdu che insieme alla Csu ha conquistato quasi la maggioranza assoluta nel Bundestag col 42 per cento dei voti, conferma per la terza volta Angela al timone del paese nevralgico e più potente dell’Europa. E incorona una destra vincente, seria, concreta, che è lo specchio di una nazione laboriosa e pragmatica.

Non c’è alcuna esagerazione, alcuna ironia in questa constatazione. C’è solo invidia. C’è un confronto inevitabile con l’Italia e coi nostri politici. Un confronto che ci fa impallidire e insieme arrossire. Che dovrebbe farci ribellare. Ma che purtroppo dà la misura di due popoli che affrontano i mutamenti della storia con spirito molto, troppo diverso.

I tedeschi hanno fatto le riforme in tempo, anni fa. Le ha realizzate il cancelliere socialdemocratico Gerhard Schröder‎, che le ha pagate con la sconfitta elettorale. Dopo di lui, Angela le ha consolidate, avendo in testa l’esclusivo interesse della Germania ha portato in Europa quella filosofia luterana di sacrifici e responsabilità, di lavoro e rigore, che ha permesso a Berlino di distaccare ogni altro paese dell’Unione (ma anche di costituire oggi l’unica ciambella di salvataggio per tutti). Certo, i paesi dell’Europa del Sud, mediterranea, possono anche lamentare una politica di eccessivo rigore, di teutonica ottusità; possono anche rimproverare alla Merkel di aver sfruttato a favore della Germania tutti i vincoli e (s)vantaggi della moneta unica. Ma nessuno può criticarla per non aver fatto il suo dovere nei confronti degli elettori tedeschi. Gli unici ai quali debba rispondere.

La destra che sogno è una destra liberale, quindi pragmatica. Una destra sfrondata dalla volgarità dell’ostentazione pittoresca e dal gusto viscerale e perverso dell’esagitazione ed esagerazione verbale. Sogno una destra di governo che sia migliore della borghesia che la esprime. E sogno una borghesia capace di dare fiducia a una classe politica all’altezza del suo compito, sobria e concreta. Sogno pure una sinistra compatta e riformista come quella che in Germania si prepara a dare una mano alla destra per consentire la nascita di un governo su basi condivise, avendo come faro soltanto il benessere dei cittadini (tedeschi). La Merkel ha saputo dire no alla guerra in Libia e all’intervento in Siria, no allo stravolgimento della Banca centrale europea e al salvataggio dei paesi UE in crisi senza prima passare sotto le forche caudine di riforme strutturali pesanti ma necessarie. Altro che Italia-Germania 4 a 3. Questo è un 3 a zero per la Germania.  

Forse la destra italiana dovrebbe andare di più nei supermarket, dovrebbe guardare alla Germania e ad Angela come a un esempio, invece di strillare al Führer in gonnella. Forse, è giunta l’ora dell’autocritica. Forse.  

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