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Garissa, Kenya, una chiesa sul luogo del massacro

Primo giorno di lezione nell'Università di Garissa, in Kenya. Sono solo una sessantina di studenti, circondati da decine di agenti che controllano il campus. Appena un anno fa erano un migliaio. Poi il 2 aprile scorso il massacro: gli Shabab somali penetrano nel campus alle 5.30 del mattino, irrompono nei dormitori e massacrano 148 ragazzi e ragazze. La loro colpa era quella di voler studiare e di essere cristiani. Inaccettabile per gli integralisti islamici della vicina Somalia.

La strage di Garissa

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Una donna in pianto nella Chiesa Anglicana di Garissa, 5 aprile 2015

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Si commemorano le vittime in una chiesa di Garissa, 5 aprile 2015

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Si piange e si prega per le vittime in una chiesa di Garissa, 5 aprile 2015

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Un cero per le vittime del massacro. Garissa, 5 aprile 2015

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Lo staff dela Croce Rosa assiste una donna devastata dal dolore. Nairobi, 6 aprile 2015

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Veglia di preghiera nella Cattedrale di Nairobi, 5 aprile 2015 Nairobi

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Lo strazio dei famigliari delle vittime della strage arrivate a Nairobi per l'identificazione dei corpi, 5 aprile 2015

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Tony Karumba /AFP/ Getty Images
Un gruppo di giovani sopravvissuti al massacro riuniti a Nairobi, 4 aprile 2015

La strage di Garissa

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Veglia di preghiera e ceri accesi nella Chiesa Anglicana di Garissa, 5 aprile 2015

La strage di Garissa

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Veglia di preghiera nella Chiesa Anglicana di Garissa, 5 aprile 2015

La strage di Garissa

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Some of the Garissa University students who were rescued, comfort each other at the Garissa military camp, in Garissa town

La strage di Garissa

epa04690739 University staffs who survived previous day's attack arrive at Garissa University College to inspect the aftermath in Garissa town, located near the border with Somalia, some 370 km northeast of the capital Nairobi, Kenya, 03 April 2015, the day after the gunmen attacked the university in which the government said 147 have been killed and many have been injured. Islamist militant group al-Shabab from Somalia claimed responsibility for the attack. EPA/DAI KUROKAWA

La strage di Garissa

Garissa, Kenya, 3 aprile 2015 - Assistenza agli studenti sopravvissuti alla strage all'università EPA/DANIEL IRUNGU

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Garissa, Kenya, 3 aprile 2015 - Militari davanti all'università EPA/DANIEL IRUNGU

La strage di Garissa

Garissa, Kenya, 3 aprile 2015 - Assistenza agli studenti sopravvissuti alla strage all'università EPA/DANIEL IRUNGU

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Garissa, Kenya, 3 aprile 2015 - Assistenza agli studenti sopravvissuti alla strage all'università EPA/DANIEL IRUNGU

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Garissa, Kenya, 3 aprile 2015 - Studenti sopravvissuti alla strage all'università EPA/DANIEL IRUNGU

La strage di Garissa

EPA/DANIEL IRUNGU
Garissa, Kenya, 3 aprile 2015 - Assistenza agli studenti sopravvissuti alla strage all'università

La strage di Garissa

Garissa, Kenya, 3 aprile 2015 - Studenti sopravvissuti alla strage all'università EPA/DANIEL IRUNGU

La strage di Garissa

Alcune ragazze scampate alla strage dell'università di Garissa. EPA/DANIEL IRUNGU

La strage di Garissa

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"Il Kenya non è piegato": il titolo del quotidiano invita a reagire alla violenza dell'attacco al Garissa University College

La strage di Garissa

epa04690738 University staffs who survived previous day's attack arrive at Garissa University College to inspect the aftermath in Garissa town, located near the border with Somalia, some 370 km northeast of the capital Nairobi, Kenya, 03 April 2015, the day after the gunmen attacked the university in which the government said 147 have been killed and many have been injured. Islamist militant group al-Shabab from Somalia claimed responsibility for the attack. EPA/DAI KUROKAWA

La strage di Garissa

Una dei superstiti al massacro dell'università di Garissa, in Kenya EPA/DAI KUROKAWA

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Mohammed Mohamud, considerato la "mente" dell'attacco islamista all'università di Garissa, in Kenya

La strage di Garissa

Soldati davanti alla Garissa University in Kenya, 2 aprile 2015. EPA/DAI KUROKAWA

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Soldati davanti alla Garissa University in Kenya, 2 aprile 2015. EPA/DAI KUROKAWA

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Soldati davanti alla Garissa University in Kenya, 2 aprile 2015. EPA/DAI KUROKAWA

La strage di Garissa

Un militare davanti alla Garissa University in Kenya, 2 aprile 2015. EPA/DAI KUROKAWA

La strage di Garissa

Uno dei proiettili esplosi dagli Shebab alla Garissa University in Kenya, 2 aprile 2015. EPA/DAI KUROKAWA

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Un militare davanti alla Garissa University in Kenya, 2 aprile 2015.. EPA/DAI KUROKAWA

La strage di Garissa

Soldati davanti alla Garissa University in Kenya, 2 aprile 2015. EPA/DANIEL IRUNGU

La strage di Garissa


La strage di Garissa


La strage di Garissa


La strage di Garissa


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La strage di Garissa


La strage di Garissa


La strage di Garissa


Ora la vita nel campus riprende, con fatica, tra gli incubi e i segni ancora evidenti del passato. Non si vuole dimenticare ma si cerca di ricominciare. C'è anche un altro segno: la costruzione di una chiesa, realizzata grazie alla Fondazione Santina Zucchinelli (www.fondazionesantina.org), intitolata alla mamma di un inesauribile sacerdote bergamasco, monsignor Luigi Ginami, che nel settembre scorso è stato a Garissa per mettere le basi di questo progetto. Il pezzo di terra c'è già, non lontano dal campus, e un coraggioso missionario guatemalteco che vive laggiù da anni, padre Ernesto è già al lavoro.
Il racconto dei testimoni di quell'eccidio, raccolto da don Ginami, è sconvolgente: «I terroristi sono entrati alle cinque del mattino dall'ingresso principale. Gli studenti che si dichiaravano cristiani sono statu uccisi immediatamente. Poi è stata la volta della sala di preghiera». Alcuni si sono nascosti, come la giovane Lydia che «verso le otto del mattino chiama la mamma dicendo che si trova nascosta in una camera del dormitorio». Passano sette, drammatiche ore, ma «alle 13.30 il papà di Lidia chiama la figlia e la sente gridare che sta per essere uccisa. Prima che possa finire uno dei terroristi le strappa di mano il telefono e dice al padre che quella sarà l'ultima volta che parla con la figlia .. poi lo sparo».
Il racconto di questa visita sui luoghi del martirio, anzi di questo «pellegrinaggio» , come lo chiama don Ginami, è contenuto in un volume intitolato «Opere di Luce» (edizioni Marna), uscito nei giorni scorsi e scritto dal sacerdote insieme con la giornalista di Rainews 24, Vania De Luca.
Ora l'università risorge e accanto a essa ci sarà un segno di pace e di dialogo, una chiesa con una scuola per bambini. Commenta monsignor Guillermo Karcher, uno dei più stretti collaboratori del pontefice: «La scommessa di costruire un luogo di culto cristiano in una terra bagnata dal sangue di 148 giovani martiri uccisi per il semplice fatto di essere cristiani costituisce un seme di speranza, un faro di luce nelle tenebre della disperazione e dello sconforto». Un messaggio di riconciliazione nell'anno del Giubileo della misericordia.
Ma le «Opere di Luce», raccontante nel libro e realizzate dalla Fondazione Santina e dall'Associazione Amici di Santina Zucchinelli coprono tutto il mondo: dall'oratorio parrocchiale nella striscia di Gaza alla cucina in Brasile, dalla chiesa in Perù all'orfanotrofio in Vietnam. Incluso un programma di adozione a distanza. E' la testimonianza di una Chiesa che, come chiede il Papa, ha scelto le periferie per incontrare Cristo nei più poveri e sofferenti.

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